Pubblichiamo di seguito l’articolo pubblicato sul Giornale di Sicilia di oggi, 6 febbraio 2019, a firma di Marcello Digrandi

Questa volta i produttori hanno avuto la meglio. In un mercato senza regole certe. La vendita e la commercializzazione delle carrube dipende da mille fattori. Il prezzo al rialzo, con quotazioni record, dovute anche alla scarsa produzione degli anni precedenti, ha portato nelle casse dei piccoli produttori 20 milioni di euro. Con una produzione, quest’anno, di circa 19 mila tonnellate di carrube su una superficie di 26 mila ettari. Un mercato impazzito con quotazioni tra i 64 e i 70 centesimi al chilo.

Per tante piccole aziende agricole gli alberi di carrubo sono fonte di sostentamento indispensabile. In Sicilia la produzione è stata pari a 32mila tonnellate, di cui il 60% in provincia di Ragusa (nei territori di Santa Croce Camerina, Comiso, Vittoria, Giarratana, Ragusa, Modica e Scicli).

Il mercato al rialzo ha creato qualche problema solo ai commercianti e ai trasformatori“, spiega Lorenzo Antoci, amministratore dell’azienda Sicilian Carob Flour. “Ai commercianti che non hanno potuto speculare sul prezzo e ai trasformatori perché si sono ridotti i margini di trasformazione. Con pochissimi margini di guadagno per chi, come noi, lavora con il trasformato per la produzione della farina di carruba. La causa primaria del prezzo così alto è sicuramente da addebitare allo scarso raccolto degli anni precedenti (circa il 50% in meno di un raccolto normale)“.

Per i prossimi anni – continua Antoci – ci auguriamo che il prezzo dei prodotti finiti si mantenga abbastanza alto, in modo che possa goderne tutta la filiera“.

Nel Ragusano sono una decina le industrie di trasformazione delle carrube, alcune delle quali esportano in tutto il mondo. Il presidente provinciale di Confagricoltura, Antonino Pirrè, parla della filiera del carrubo come uno strumento indispensabile in un mercato così complesso. “Il prezzo delle carrube quest’anno è stato più alto che in passato. E i produttori – spiega Pirrè – sono riusciti a prendere una boccata di ossigeno. Il prezzo basso degli anni scorsi non ha consentito ai produttori di sostenere i costi della raccolta, interamente manuale e molto dispendiosa per via delle caratteristiche della pianta e del frutto e, soprattutto, non ha consentito di effettuare i lavori di potatura e di manutenzione delle piante, necessari per mantenere una produzione di buon livello“.

Per questo – aggiunge il presidente di Confagricoltura – spero che si torni a credere in questa coltura che, più di ogni altra, caratterizza la nostra provincia, insieme ai muri a secco. Bisogna seriamente pensare ad una filiera del carrubo con una serie di accordi che possano permettere a tutti gli attori (produttori, commercianti e trasformatori) di poter ricevere una remunerazione equa, che possa permettere di mantenere l’esistente e, perché no, spingere verso nuovi impianti“.