Riapertura serale ristoranti, Giansanti: “Dare possibilità di lavorare nelle zone gialle”

“Non è una ‘proposta indecente’ quella di riaprire i ristoranti a cena ove possibile, al pari dell’ora di pranzo, nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza e nelle zone gialle.” Commenta così Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, la richiesta avanzata dai sindaci italiani di poter riaprire i locali del settore della ristorazione nelle ore serali.

“Proprio quest’anno abbiamo voluto confermare la partnership con l’Unione Ristoranti del Buon Ricordo – sottolinea il presidente Massimiliano Giansanti – con la convinzione che occorra rinsaldare un patto forte tra agricoltori e ristoratori, perché un ruolo importante puo’ svolgere il settore primario in questo contesto, legato alla valorizzazione dei prodotti della terra. Anche il settore dell’agriturismo sta subendo la crisi legata al Covid – prosegue Giansanti – Quando sarà passato questo momento difficile per tutti, e finalmente recupereremo quella socialità che tanto ci manca, dovremo lavorare insieme per un grande progetto di rilancio della enogastronomia italiana, fiore all’occhiello del nostro Paese.”

Nel settore vino, Confagricoltura ricorda che il canale Ho.Re.Ca è di vitale importanza per le aziende vitivinicole, che nel 2020 hanno già perso irreversibilmente almeno il 30% delle vendite con danni permanenti.

“Ai ristoratori italiani, che in piu’ occasioni hanno dichiarato di non volere sussidi, chiedendo semplicemente di poter lavorare, va data quella fiducia che meritano, per poter tornare a lavorare con passione e professionalità. E’ necessario ora agire con urgenza – conclude Giansanti – Ogni giorno che passa i debiti aumentano, e quei ristoranti, ma anche gli agriturismi sopravvissuti al lockdown rischiano di dover abbassare la serranda per sempre”.

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Se il vino non riparte, l’Italia perde occupazione, economia, cultura e paesaggio

Con 356mila aziende, 650mila ettari vitati, 50 milioni di ettolitri e un valore di 13 miliardi di euro, il comparto vitivinicolo è una delle eccellenze più rappresentative dell’Italia, non soltanto per il primato mondiale di volumi produttivi, ma per il significato che tutto ciò rappresenta in termini economici, occupazionali, culturali e paesaggistici. Tuttavia, il brusco calo dell’export e il perdurare della chiusura di ristoranti, bar ed enoteche nella fase 2 dell’emergenza Coronavirus mettono a rischio la sopravvivenza del settore, che conta 1,3 milioni di addetti.

Confagricoltura evidenzia che il 35% del vino è consumato nel canale HoReCa, che assorbe il 55% del valore del comparto. Il lockdown di queste attività fino a inizio giugno, sommato al mancato recupero crediti degli ultimi mesi di vendite, farà perdere oltre il 40% del fatturato delle aziende.

“La maggior parte delle piccole e medie imprese vitivinicole italiane – spiega il presidente della Federazione Vino di Confagricoltura, Federico Castellucci – non serve la grande distribuzione, ma ha come principali canali di riferimento quello tradizionale e quello della vendita diretta in azienda, anche negli agriturismi, di fatto bloccati dalle restrizioni dei DPCM”.

“Il tracollo del settore vino – continua – avrebbe conseguenze nefaste per l’economia del Paese, con gravi perdite occupazionali e anche per l’ambiente, con alcune aree vitate che potrebbero essere abbandonate senza alternative sostenibili”.

La vitivinicoltura italiana, che ha origini antiche ed è immagine e sostanza di innumerevoli territori, più di altre al mondo ha un forte legame con le caratteristiche pedoclimatiche di ogni regione: queste peculiarità danno ai nostri vini un valore unico e irripetibile. Condannare la vitivinicoltura italiana al collasso, pertanto, significa condannare un settore che, insieme all’arte, alla cultura e alla gastronomia, costituisce l’identità e la fortuna del nostro Paese.

Confagricoltura ha proposto una serie di interventi, come la rinegoziazione del debito, la sospensione delle rate per 12 mesi, la concessione dei contributi in conto interessi, l’attivazione del pegno rotativo anche per il vino e lo sviluppo di garanzie sui crediti. Si è inoltre attivata per l’avviamento della vendemmia verde, anche parziale, per un sostegno allo stoccaggio dei vini di qualità e per una possibile distillazione di crisi accompagnata da un’adeguata riduzione delle rese per ettaro.

“Se in una fase critica come questa non si riesce ad avere una forte e immediata iniezione di liquidità, senza troppa burocrazia – conclude Castellucci – molte aziende rischiano realmente di non poter neanche arrivare al termine dell’emergenza Covid-19 e si vedranno superate dai concorrenti degli altri Paesi europei ed extraeuropei”.

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