Giornata mondiale del turismo, Agriturist: “Riscopriamo campagne e aree interne”

“Il cambio di abitudini e di offerta del settore, ancor prima dell’epidemia, ha messo al primo posto, anche nel settore viaggi, lo sviluppo sostenibile economico, ambientale e sociale dei territori. Gli agricoltori sono da sempre custodi della tradizione e della cultura delle campagne”. Lo ha messo in evidenza Augusto Congionti, presidente di Agriturist (Confagricoltura) in occasione della giornata mondiale del turismo che si celebra il 27 settembre, dedicata quest’anno a quello rurale.

“La ricerca di spazi aperti ben si sposa con questa evoluzione, in qualche modo accelerata dalla pandemia. L’offerta unica delle 24.000 imprese agrituristiche italiane – ha continuato Congionti – consente di riscoprire le campagne, i paesini, i borghi e i percorsi meno conosciuti; un vero patrimonio che può costituire la leva per la ripartenza dell’intero settore turistico”.

“Il bilancio dell’estate appena trascorsa, dopo i mesi di fermo e nonostante la forte riduzione di matrimoni ed eventi, è stato in molti casi superiore alle aspettative. La richiesta di distanziamento – ha rimarcato il presidente di Agriturist – ci ha spinto ad incrementare le nostre attività all’esterno. Punteremo sempre di più sulle ciclovie, sulle ippovie, sui cammini religiosi, sui sentieri naturalistici e sulle fattorie didattiche, diversificando le nostre offerte e incrementando i nostri servizi”.

“Offriamo luoghi incontaminati, attività in campagna accompagnate da cibo e vino ottimi. Questa caratteristica ha consentito alle nostre imprese di diventare un segmento importante dell’offerta turistica italiana, consentendoci di partire avvantaggiati. Occorre però – ha concluso Congionti – cogliere l’occasione e incrementare questo potenziale, guardando alla sostenibilità delle aziende, all’innovazione, alla digitalizzazione e alle infrastrutture”.

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Estate 2020, Agriturist (Confagricoltura): “In campagna la vacanza sicura”

“Siamo ancora nel pieno della tempesta, pur essendo consapevoli delle caratteristiche uniche e delle potenzialità dell’offerta degli agriturismi. Un vero porto sicuro. Il nuovo trend, dettato dalle regole per una ripartenza, è proprio la riscoperta di luoghi che permettano di godere di spazi aperti, di un rapporto autentico con la natura e le campagne italiane. Le nostre strutture accolgono in modo spontaneo ed accurato, aiutano a far conoscere la cultura enogastronomica locale e permettono di praticare il distanziamento sociale passeggiando, nuotando in piscina, praticando sport o, semplicemente rilassandosi”. Commenta così Augusto Congionti, presidente di Agriturist, i dati dell’indagine svolta dall’associazione di Confagricoltura.

Lungo lo Stivale l’offerta dei 24.000 agriturismi è estremamente variegata ma con un denominatore comune: l’ospitalità in un’azienda agricola. Dalla montagna alla collina, dal mare ai laghi l’effetto della crisi è evidente: niente americani e orientali, pochissimi dal Regno Unito, timorosi di dover effettuare la quarantena al loro ritorno. Qualche segnale arriva da Germania, Francia, Austria, Svizzera e Olanda. “La ripresa è lenta – sottolinea Congionti – e partirà soprattutto in agosto. Va anche calcolato che è stata la politica del last minute a caratterizzare le prenotazioni degli ultimi anni e, se in alcune zone i casali con piscina, scelti da famiglie o gruppi di amici sono andati a ruba, in altre è ancora l’incertezza a dettare le regole”.

L’agriturismo, vanto del nostro Paese, ha pagato l’effetto Covid più di un milione di euro. “Non ci arrendiamo, anzi. Ci siamo rimboccati le maniche – conclude il presidente Agriturist – convinti che si possa ancora una volta ripartire proprio dall’agricoltura. Le nostre strutture hanno tutte le carte in regola per offrire soggiorni indimenticabili in luoghi incontaminati, lontani dalla folla, dove le distanze sono naturali, il cibo è buono e genuino. Senza rinunciare al comfort e alla vita moderna, si potranno così riscoprire sapori e saperi della cultura rurale italiana”.

In Sicilia è aperto il 90% delle strutture. La ristorazione, nel mese di luglio, ha registrato, rispetto allo scorso anno, un calo di circa il 40%. Le prenotazioni sono diminuite dal 10 al 30%. Analoga situazione si registra nelle altre regioni.

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Se il vino non riparte, l’Italia perde occupazione, economia, cultura e paesaggio

Con 356mila aziende, 650mila ettari vitati, 50 milioni di ettolitri e un valore di 13 miliardi di euro, il comparto vitivinicolo è una delle eccellenze più rappresentative dell’Italia, non soltanto per il primato mondiale di volumi produttivi, ma per il significato che tutto ciò rappresenta in termini economici, occupazionali, culturali e paesaggistici. Tuttavia, il brusco calo dell’export e il perdurare della chiusura di ristoranti, bar ed enoteche nella fase 2 dell’emergenza Coronavirus mettono a rischio la sopravvivenza del settore, che conta 1,3 milioni di addetti.

Confagricoltura evidenzia che il 35% del vino è consumato nel canale HoReCa, che assorbe il 55% del valore del comparto. Il lockdown di queste attività fino a inizio giugno, sommato al mancato recupero crediti degli ultimi mesi di vendite, farà perdere oltre il 40% del fatturato delle aziende.

“La maggior parte delle piccole e medie imprese vitivinicole italiane – spiega il presidente della Federazione Vino di Confagricoltura, Federico Castellucci – non serve la grande distribuzione, ma ha come principali canali di riferimento quello tradizionale e quello della vendita diretta in azienda, anche negli agriturismi, di fatto bloccati dalle restrizioni dei DPCM”.

“Il tracollo del settore vino – continua – avrebbe conseguenze nefaste per l’economia del Paese, con gravi perdite occupazionali e anche per l’ambiente, con alcune aree vitate che potrebbero essere abbandonate senza alternative sostenibili”.

La vitivinicoltura italiana, che ha origini antiche ed è immagine e sostanza di innumerevoli territori, più di altre al mondo ha un forte legame con le caratteristiche pedoclimatiche di ogni regione: queste peculiarità danno ai nostri vini un valore unico e irripetibile. Condannare la vitivinicoltura italiana al collasso, pertanto, significa condannare un settore che, insieme all’arte, alla cultura e alla gastronomia, costituisce l’identità e la fortuna del nostro Paese.

Confagricoltura ha proposto una serie di interventi, come la rinegoziazione del debito, la sospensione delle rate per 12 mesi, la concessione dei contributi in conto interessi, l’attivazione del pegno rotativo anche per il vino e lo sviluppo di garanzie sui crediti. Si è inoltre attivata per l’avviamento della vendemmia verde, anche parziale, per un sostegno allo stoccaggio dei vini di qualità e per una possibile distillazione di crisi accompagnata da un’adeguata riduzione delle rese per ettaro.

“Se in una fase critica come questa non si riesce ad avere una forte e immediata iniezione di liquidità, senza troppa burocrazia – conclude Castellucci – molte aziende rischiano realmente di non poter neanche arrivare al termine dell’emergenza Covid-19 e si vedranno superate dai concorrenti degli altri Paesi europei ed extraeuropei”.

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