Giansanti (Confagricoltura) al Ministro Lollobrigida: un piano urgente per affrontare la crisi energetica e rafforzare l’agricoltura italiana

“La grave crisi energetica tuttora in atto è un’emergenza che attanaglia costantemente il settore primario, piegato da rincari senza precedenti dei costi di produzione e delle materie prime. Occorre tornare a pianificare e ripensare il modello agricolo alla luce di quanto sta succedendo”.

Lo ha detto il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, al ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida.

“E’ necessario un piano strategico per rafforzare l’agricoltura italiana, favorendo un’ampia collaborazione tra tutti gli attori per fare capire l’enorme valore del nostro settore e valorizzare ancora di più le nostre produzioni. Dobbiamo aumentare la produttività e la competitività dell’agricoltura italiana”.

Al ministro Confagricoltura ha suggerito una serie di interventi urgenti volti a contrastare l’aumento dei prezzi energetici: misure che accompagnino le imprese agricole in questa fase di difficoltà e che possano essere da volano per una nuova visione del settore e del suo contributo alla tenuta del sistema economico, ambientale e sociale.

“La mancata definizione di un approccio comune a livello europeo per fronteggiare la crisi energetica in essere – ha aggiunto Giansanti -, e l’agenda legislativa sul piano interno, impongono carattere di urgenza agli interventi che il Governo nazionale dovrà attuare in tempi molto rapidi”.

Attenzione alta anche sulla PAC, sebbene siamo in una fase di definizione avanzata del Piano Strategico nazionale: “Ci sono alcuni adattamenti – ha concluso il presidente di Confagricoltura – che potranno essere negoziati nel dialogo con la Commissione europea per non penalizzare le aziende agricole attive sul mercato”.

 

 

 

Nella foto: il presidente Giansanti con il ministro Lollobrigida e, ai lati, i due sottosegretari Luigi D’Eramo e Patrizio La Pietra

 

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Il siciliano Giovanni Gioia è il nuovo presidente dei Giovani di Confagricoltura

Le congratulazioni e gli auguri di buon lavoro di Confagricoltura Ragusa al neo presidente di Anga e al Comitato di Presidenza

È Giovanni Gioia il nuovo presidente dei Giovani di Confagricoltura (ANGA), succede a Francesco Mastrandrea. “Ringrazio per questa grande responsabilità. Sono orgoglioso di avere raggiunto un traguardo con la vostra collaborazione, ma allo stesso tempo sono conscio – ha affermato il neopresidente dell’Anga – che si tratta solo di un punto di partenza e di un impegno per la crescita della nostra Associazione, in una fase storica così delicata. Un grazie a Claudia Guidi per il nostro confronto leale, che ha portato vivacità ed energia. Cominciamo oggi, con grande senso del dovere, insieme al nuovo Comitato, un’esperienza umana e sindacale all’interno di Confagricoltura”.

Comitato di Presidenza (da sinistra: Domenico Parisi, Giorgio Grani, Emma Cogrossi, Giovanni Gioia, Caterina Luppa, Luigi Saviolo, Angelo Varvaglione).
Comitato di Presidenza (da sinistra: Domenico Parisi, Giorgio Grani, Emma Cogrossi, Giovanni Gioia, Caterina Luppa, Luigi Saviolo, Angelo Varvaglione).

Palermitano, 30 anni, Gioia rappresenta la quarta generazione di una famiglia attiva nell’imprenditoria agricola nell’entroterra siciliano, da sempre vocato alla cerealicoltura. È la coltivazione di grano duro da seme certificato il core business della sua impresa, l’Agricola Kibbò, nel territorio di Petralia Sottana (PA). Oggi l’azienda produce, oltre a grano duro certificato, foraggi di qualità, leguminose da granella, olio extravergine d’oliva, canapa, lino e miele.

“A nome mio, del direttore Giovanni Scucces e del presidente di Anga Ragusa, Lorenzo Cannella e di tutta Confagricoltura Ragusa, le più vive congratulazioni e gli auguri di buon lavoro al neo presidente Gioia, nella certezza che saprà portare avanti, insieme al Comitato di Presidenza, questo importante e delicato incarico con la determinazione e la serietà che ha sempre caratterizzato il suo impegno per la crescita e il radicamento della nostra Organizzazione”: così il presidente di Confagricoltura Ragusa, dott. Antonino Pirrè.

Ragusa, 9 novembre 2022

L’addetto stampa

Bartolo Lorefice

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Confagricoltura porta a Ecomondo 2022 un calendario di approfondimenti dedicati al PNRR e alla sostenibilità ambientale ed economica delle produzioni agricole

“Dal recupero di materia ed energia, allo sviluppo sostenibile” è il titolo di quest’anno di Ecomondo, manifestazione fieristica in programma a Rimini dall’8 all’11 novembre prossimi. Confagricoltura conferma la propria partecipazione (Pad. D1, Area 075, ingresso Est) anche a questa edizione dedicata alla transizione ecologica con convegni e talk sui grandi temi della sostenibilità, della bioeconomia circolare, delle agroenergie, dell’innovazione che verranno raccontati con video interviste e articoli attraverso il sito e i canali social (YouTube, Facebook, Instagram, LinkedIn) della Confederazione.

Da non perdere gli appuntamenti presso lo stand di Confagricoltura (Pad. D1, Area 075, Ingresso Fiera Est) organizzati insieme a BNL BNP Paribas sulle opportunità offerte alle imprese dal settore delle energie rinnovabili con due talk sul fotovoltaico sui fabbricati rurali, Parco Agrisolare (8 novembre alle 15.00) e Biometano (9 novembre alle 15.00). Sarà anche l’occasione, per gli operatori del settore, di conoscere la struttura “Agri and Green Energy Solution” di BNL BNP Paribas, un team specialistico della Banca, in grado di intercettare sui territori le esigenze dei singoli imprenditori del comparto agricolo e green per accompagnarli nello sviluppo aziendale.

Sempre il 9 novembre la mattina alle 10.30 si parlerà di Agrivoltaico con l’ENEA.

Il 10 novembre nello stand di Confagricoltura si affronteranno i temi legati alla sostenibilità, con un talk su Agricoltura100, con la partecipazione di Innovation Team e Reale Mutua, sulla forestazione delle aree urbane, periurbane e rurali, e sullo sviluppo delle aree interne con una attenzione particolare al carbon farming.

Martedì 8 novembre (ore 14.15-17.30), Nicola Gherardi, componente di giunta di Confagricoltura, parteciperà al convegno “PNRR e azienda agricola 4.0: le sinergie tra filiere per uno sviluppo sostenibile”, organizzato nell’Area Forum (Pad. D) dal Consorzio Italiano Biogas con la collaborazione del Cts di Ecomondo.

Giovanna Parmigiani, componente di giunta della Confederazione, sarà presente invece al convegno degli Stati Generali della Green Economy e del CREA, “Il futuro verde del sistema agroalimentare italiano”, in programma in Sala Neri 2 (ore 15:00-18:00).

Rosario Rago, componente di giunta di Confagricoltura e presidente di Rago Group, sarà ospite del convegno di Cluster Agrifood, “L’economia circolare come solido punto di riferimento per i sistemi agroalimentari nell’incertezza dello scenario futuro”, previsto mercoledì 9 novembre (ore 10.00-13.00) in Sala Tiglio 1 (Pad. A6).

Sempre nella giornata di mercoledì (ore 11.30-13.30) nella Sala Tulipano (Pad. B), il vicepresidente FNP Bioeconomia di Confagricoltura, Alberto Mazzoni, parteciperà a “La nuova frontiera dei sistemi agrivoltaici”, convegno organizzato da ANIE, ENEA, ETA Florence.

“Farm to fork 2.0: filiere agroalimentari rigenerative, food security, competitività economica” è il convegno organizzato dalla Confederazione insieme al Comitato tecnico scientifico di Ecomondo, Federalimentare e ENEA. L’appuntamento è per giovedì 10 novembre dalle 10.00 alle 13.00 in Sala Ravezzi 1 (Hall Sud) per discutere dell’importanza che la sicurezza alimentare e la sostenibilità rivestono nelle strategie produttive agricole e agroalimentari di oggi. Al convegno parteciperà il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti.

Venerdì 11 novembre, dalle 10.00 alle 13.00 la Sala Biobased Industry (Pad. D1) ospiterà “Nuove frontiere per le filiere forestali: policy e governance per dare valore ad una risorsa strategica per il nostro Paese”, organizzato da Confagricoltura insieme a Università del Molise, Università della Tuscia e al Comitato tecnico scientifico di Ecomondo. Il presidente della Federazione Nazionale di Prodotto Risorse Boschive, Enrico Allasia, dialogherà sulle recenti novità che hanno interessato il comparto, a partire dalla pubblicazione della Strategia forestale europea e di quella italiana.

Il nuovo regolamento comunitario sui fertilizzanti è il tema dell’incontro organizzato venerdì 11 novembre (ore 10.30-11.30) dall’Albo gestori a cui parteciperà Alessandro Pantano di Confagricoltura.

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Grano, Confagricoltura: bene la ripresa dell’accordo da parte della Russia

“La ripresa della partecipazione all’accordo sul grano da parte della Federazione Russa è un’iniziativa apprezzabile per garantire sicurezza alimentare e contrastare l’instabilità dei mercati”.

Lo afferma il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, a commento della conferma arrivata da Mosca.

“E’ necessario ora un po’ di tempo per ridare piena operatività all’accordo – aggiunge – considerato che attualmente sono ferme circa duecento navi nei porti dell’Ucraina in attesa dello svolgimento dei controlli previsti dall’intesa”.

In questo quadro, Confagricoltura ricorda la valenza dei corridoi di solidarietà europei attivati per dare un’alternativa terrestre o fluviale alle esportazioni di grano via mare dall’Ucraina. “Una soluzione che ha portato validi risultati – aggiunge Giansanti – perché da maggio a ottobre, secondo i dati della Commissione Ue, attraverso questi corridoi sono transitate 13 milioni di tonnellate di prodotti agroalimentari ucraini”.

“Auspichiamo che la ritrovata cooperazione  – conclude il presidente di Confagricoltura – possa riguardare anche il commercio dei fertilizzanti”.

 

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Grano, Confagricoltura: con lo stop della Russia all’accordo sulle esportazioni dall’Ucraina nuove tensioni sui prezzi e rischi di una crisi alimentare globale

Sulla piazza di Chicago i futures del grano hanno già fatto registrare un aumento di oltre il 5%, a seguito della decisione della Federazione Russa di sospendere, a tempo indeterminato, la partecipazione all’accordo sulle esportazioni via mare dell’Ucraina.

“L’aumento era scontato. – dichiara il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – L’intesa siglata a luglio con la mediazione dell’ONU e della Turchia ha dato ottimi risultati, con la partenza dai porti dell’Ucraina di 9 milioni di tonnellate di prodotti agricoli, soprattutto grano e mais”.

“Sono già stati attivati i contatti al massimo livello per trovare una soluzione. Intanto, è tornato a salire il rischio di una crisi alimentare globale”.

A livello europeo, secondo i dati diffusi a luglio dalla Commissione, la produzione di cereali si è attestata a circa 270 milioni di tonnellate, in riduzione di 7 punti percentuali sulla campagna 2021/2022, essenzialmente a causa della siccità.

Per il grano tenero, i raccolti (127 milioni di tonnellate) consentono di coprire il fabbisogno interno degli Stati membri e di destinare all’esportazione nei Paesi terzi un quantitativo nell’ordine di 36 milioni di tonnellate.

“In questo quadro – sottolinea il presidente di Confagricoltura – spicca la situazione critica relativa al mais. Sarà necessario importare circa 20 milioni di tonnellate, in concorrenza con la Cina, che è il primo importatore a livello mondiale”.

“La siccità e le temperature sopra la media stanno ostacolando il normale svolgimento delle semine in vista dei nuovi raccolti – rileva Giansanti – E potrebbero mancare i fertilizzanti, a causa della riduzione della produzione, con punte fino al 50%, determinata dall’eccezionale incremento dei prezzi del gas. Quello dei fertilizzanti è un problema mondiale in termini di prezzi e disponibilità. Se ne discuterà durante la riunione del G20 che si terrà in Indonesia il 15 e 16 novembre”.

“Con la pandemia, la guerra in Ucraina e le conseguenze del cambiamento climatico si è aperta una fase di grande incertezza, nella quale la sicurezza alimentare assume un ruolo strategico – conclude Giansanti – La sicurezza alimentare può essere garantita solo da un sistema di imprese efficienti e innovative che producono per il mercato”.

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Fondi promozione UE, Confagricoltura: Italia decisiva nell’evitare penalizzazione per vino, carni rosse e derivati in una fase delicata per l’agroalimentare

Confagricoltura rimarca l’ottimo esordio del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, su un tema delicato per il settore agroalimentare italiano, quello dei fondi per la promozione commerciale. Senza la posizione assunta oggi dall’Italia – evidenzia la Confederazione – vini, carni rosse e derivati avrebbero rischiato un drastico taglio dei finanziamenti destinati principalmente alla promozione sui mercati esteri.

“E’ un esordio che lascia ben sperare sulle prossime sfide – aggiunge il presidente Massimiliano Giansanti – perché la proposta presentata dalla Commissione UE rientra nell’ambito di una strategia complessiva che metterebbe a rischio l’insieme del sistema agroalimentare”.

“Peraltro – continua il presidente di Confagricoltura – i fondi per la promozione risultano ancora più significativi in questa fase in cui, a seguito del caro energia e dell’aumento dell’inflazione, è in atto un preoccupante calo dei consumi”.

A riguardo, Confagricoltura ricorda che nel primo semestre di quest’anno le vendite totali di vino nella grande distribuzione sono diminuite di oltre il 7,5% rispetto allo stesso periodo del 2021 e che nei primi tre mercati esteri l’export del comparto è sceso di oltre 10 punti in percentuale.

La tendenza al calo delle esportazioni è certificata anche dagli ultimi dati della Commissione UE sul commercio estero relativo all’agroalimentare: a luglio, le esportazioni degli Stati membri sono cresciute soltanto del 2% in valore su base annuale, il che vuol dire una contrazione in termini di quantità che fa riflettere in un contesto economico di annunciata recessione.

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“L’emergenza manodopera continua, ecco perché l’agricoltura non attira i lavoratori”

L’analisi del dott. Roberto Giadone, presidente di Natura Iblea, importante azienda agricola biologica associata a Confagricoltura

Iniziamo dalla fine, in agricoltura manca manodopera e le aziende sono costantemente alla ricerca di personale.

La storia inizia nel 2020 con l’epidemia di covid19 e con le restrizioni alla mobilità. Si pensava che l’agricoltura potesse essere un catalizzatore di professionalità andate in crisi a causa del covid ed invece è stato un fuoco di paglia. I pochi operai transitati dal terziario all’agricoltura sono stati immediatamente riassorbiti da ristoranti ed hotel appena il settore è ripartito. Non abbiamo oggi una vera disponibilità di manodopera italiana se non casi fortuiti e meramente occasionali. Quali le cause? Perché gli italiani non vogliono lavorare in agricoltura? La prima risposta sembra ovvia ed è a causa del reddito di cittadinanza che garantisce un trattamento assistenziale quasi pari ad uno stipendio medio in agricoltura. Ma io non penso che sia questo il vero problema. La risposta penso si debba ricercare invece nella mancanza di “attrattiva” insita nell’attività agricola. Quale giovane italiano vorrebbe avere come aspirazione lavorativa quella di diventare un bracciante agricolo? Nessuno. Ma nel contempo mancano anche figure specializzate come i trattoristi, i serricoltori, i potatori. Questo è dovuto alle scelte scolastiche che sono influenzate da obiettivi di alto livello ed universitari (cosa giusta e buona) fatte anche da studenti che non hanno peculiarità ed attitudine allo studio (cosa molto errata). Bisognerebbe che le famiglie ed i ragazzi si dessero degli obiettivi raggiungibili e con percorsi scolatici che hanno degli sbocchi occupazionali sicuri. Rendere attrattive le professioni agricole passa anche dal messaggio che noi imprenditori agricoli inviamo alla società. Valorizzare e remunerare queste professionalità è indispensabile. Un responsabile della produzione in agricoltura è una figura paragonabile ad un product manager industriale o a un direttore di hotel con 100 camere. Paragoniamo le retribuzioni e gli ambienti di lavoro tra queste diverse figure e notiamo che in agricoltura è tutto più basso, tutto più sporco, tutto più precario. Dobbiamo smontare questo sistema in agricoltura ed adeguarci a standard, benefit e status lavorativi più alti.

Altro discorso vale per il bracciante comune, le nostre aziende hanno bisogno di manodopera comune. Ne manca circa il 40%. Sino ad ora il supporto ci è stato dato dagli extracomunitari che oggi rappresentano circa il 70% della forza lavoro comune in agricoltura. Oggi anche questo è venuto a mancare, non si trovano più lavoratori extracomunitari. In piccola parte è dovuto alle aspirazioni di elevazione sociale anche degli immigrati, ma il vero problema è dato dal minore arrivo di manodopera estera. Quelli che arrivano nelle nostre coste preferiscono andare all’estero (Francia e Germania soprattutto) attratti da maggiori salari e, soprattutto, da uno stato sociale che li inserisce e li guida nella nuova nazione d’arrivo. Ecco il vero problema. Bisogna aumentare i decreti flussi rendendoli attuali e passare dalle circa 70.000 unità del 2021 alle 200.000 del 2014. Le maglie della legge italiana sui flussi migratori si sono strette per ragioni politiche di parte, e questo sta creando un vero problema alle aziende. Non si può rilanciare l’economia italiana basata molto sull’agroalimentare senza avere una buona disponibilità di manodopera per i duri lavori agricoli. Ma bisogna anche finanziare ed organizzare delle strutture governative che integrino e diano supporto agli emigranti per non rendere un calvario trovare una casa in affitto per un operaio di colore o rinnovare un permesso di soggiorno a chi non parla bene l’italiano.
Voglio raccontare un’esperienza diretta avvenuta qui alla Natura Iblea l’anno scorso. I nostri dipendenti extracomunitari non si vaccinavano. Pensavamo che fossero stati influenzati dalle teorie no-vax. Ad un’analisi più attenta (cioè abbiamo parlato e chiesto loro) ci siamo reso conto che la maggior parte semplicemente non aveva gli strumenti per vaccinarsi, cioè un telefono/computer con connessione internet, la tessera sanitaria e la padronanza della lingua per capire le procedure. Detto fatto, con due nostri impiegati abbiamo effettuato le prenotazioni all’ASP e con dei nostri operatori li abbiamo accompagnati agli hub vaccinali. Risultato: 48 tra lavoratori e famigliari vaccinati in meno di 10 giorni. Questo lo abbiamo fatto noi con nostre risorse, ma è proprio questo che dovrebbero fare le strutture governative: ascoltare, intervenire e risolvere i problemi dei lavoratori extracomunitari, solo così potremo contare su una risorsa basilare per l’agricoltura che è la manodopera.

 

Roberto Giadone

Clicca qui per leggere l’intervista su Corriereortofrutticolo.it

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World Pasta Day, Confagricoltura: il 25 ottobre si celebra uno dei simboli cardine della dieta mediterranea

Un alimento accessibile, facile da preparare e che mette d’accordo tutti, ma pochi conoscono il lavoro che c’è dietro ad un piatto di pasta, a cominciare dalla materia prima, che si ottiene dalla produzione agricola. Per continuare a produrre cibo eccellente sotto il profilo organolettico e ad elevati standard di qualità, quali sono i nostri, è indispensabile sostenere il comparto cerealicolo italiano, perché servono investimenti importanti. Lo sottolinea Confagricoltura in occasione del World Pasta Day che si celebra il 25 ottobre, ribadendo l’importanza di rimettere il comparto cerealicolo al centro dell’agricoltura nazionale.

Produzione simbolo del made in Italy, la pasta subisce anch’essa le ripercussioni indirette del clima pazzo e i rincari record dei costi di produzione scatenati dalla crisi energetica conseguente al conflitto Russia-Ucraina – e dunque va salvaguardata. L’Italia è infatti il primo Paese produttore di pasta, con 3,6 milioni di tonnellate l’anno, per oltre il 60% esportata.

Secondo un’elaborazione del centro Studi di Confagricoltura, la coltivazione di frumento duro nel nostro Paese copre 1,26 milioni di ettari di superficie ed è la coltura più estesa in Italia, con una produzione raccolta totale di oltre 3,9 di tonnellate.

Tra le regioni con maggiore presenza degli ettari coltivati a grano duro rispettivamente Puglia (344.700 ettari e 688mila t di produzione raccolta); Sicilia 272.405 ettari e 813mila t) e Basilicata (115.236 ettari per 321mila t), spiccano nella “top five” delle regioni italiane di produzione anche Emilia Romagna e Marche che, rispettivamente con 85mila e 90 mila ettari, producono 375mila e 467mila tonnellate di frumento duro.

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Alla luce della situazione determinata da questo particolare momento storico, è essenziale adattare la nostra capacità produttiva ai mutamenti climatici, intensificare in modo sostenibile le produzioni tramite investimenti materiali e immateriali affinchè le imprese italiane producano di più e meglio, per soddisfare consumatori sempre più esigenti, sottolinea Confagricoltura.

Ora più che mai, secondo l’Organizzazione agricola, si rende necessario far ricorso alla ricerca ed alle tecnologie ed il settore dei seminativi è uno di quelli che può avvantaggiarsi di più dalla innovazione in tutti i campi: dall’agricoltura di precisione al miglioramento genetico di ultima generazione.

Sono poi necessari nuovi protocolli per la definizione dei parametri di qualità, oltre che promuovere e garantire l’adozione di contratti di filiera sempre più chiari e trasparenti, così da rendere più remunerativa la coltivazione del grano duro per tutti gli operatori. A tal fine è stato sviluppato il sistema “FruClass”, ideato dall’Università degli Studi della Tuscia e sostenuto dal Coordinamento Agrinsieme, nell’ambito del protocollo per la valorizzazione del grano duro, siglato con tutte le Organizzazioni della filiera ‘grano duro-pasta’.

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Pirrè: “I nostri comparti sono in panne, costi quintuplicati. Qualche potenziale spiraglio dai mercati del nord Europa”

Intervista a cura di Michele Farinaccio pubblicata su La Sicilia del 15-10-2022, all’interno dello speciale “Pianeta Imprese”

I rincari energetici, che non stanno risparmiando nessun settore, non possono non ripercuotersi in uno dei comparti chiave della provincia di Ragusa, come quello agricolo. Centinaia di aziende letteralmente al collasso, gravate non solo dai problemi atavici che hanno storicamente reso quanto mai difficile la vita economica delle imprese, ma oggi ancora di più dall’aggravarsi di costi che a volte sono più che quintuplicati.

«Il momento è complicato – dice il presidente di Confagricoltura Ragusa, Antonino Pirrè – è quella che noi chiamiamo tempesta perfetta. Con il Covid, tutto sommato, le aziende agricole, tranne alcuni comparti, avevano dimostrato di tenere, poi la guerra con gli aumenti del costo dell’energia ma anche l’aumento indiscriminato di materie prime che proprio con il conflitto bellico si è acuito in maniera sostanziale. E questo sta dando un autentico colpo di grazia a centinaia di aziende. Ci troviamo con settori come la zootecnia dove molte aziende lavorano per la sussistenza, nella speranza che la situazione migliori. Poi ci sono settori come la serricoltura, dove le serre vengono riscaldate col metano, i cui costi dell’energia si sono acuiti per 6-7 volte. Parlavo con una azienda che è passata da mezzo milione a 4 milioni come costi annui di energia. I rincari energetici tra l’altro, da settembre in poi, si stanno dimostrano nella loro interezza perché prima c’erano costi bloccati. Al momento la situazione è che tante aziende stanno valutando quanti fattori produttivi impiantare, con una produzione del 30-35% in meno non solo per l’aumento di costi ma anche perché non sappiamo quali sono le contrazioni del mercato dovute al minore potere d’acquisto dei con- sumatori, che soffrono essi stessi insieme alle aziende e che dunque sono costretti a comprare di meno».

Insomma, il classico cane che si morde la coda. «Certamente si tratta pur sempre di pro- dotti di prima necessità – prosegue Pirrè – ma è chiaro che la nostra serricultura, che è di pregio, è in grande sofferenza. Per alcuni, ad ogni modo, si stanno aprendo spiragli inaspettati come il mercato del nord Europa, principalmente dell’Olanda, che comprano da noi, oppure che chiedono a noi di produrre per loro. E’ evidente infatti che questa sia una emergenza che ha carattere europeo e che coinvolga soprattutto Paesi che ancora più di noi sono costretti a comprare energia per riscaldamento». Ed è proprio a livello europeo che Confagricoltura individua le possibili soluzioni che stanno, però, tardando ad arrivare. «E’ necessario un intervento immediato di ristoro dei costi. Bisogna mettere liquidità nel sistema. I nostri rappresentanti politici con- centrino la loro attenzione su Bruxelles».

 

Clicca il link seguente per leggere l’articolo originale su La Sicilia

la sicilia – ed. ragusa del 15.10.2022 – speciale Pianeta Impresa

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Migliaia di visitatori alla prima Festa dell’Agricoltura nelle dimore storiche italiane con i giovani dell’ANGA e dell’ADSI

Si è rivelata una formula di successo quella della prima edizione di Coltiviamo la cultura: prima Festa dell’agricoltura nelle dimore storiche italiane, evento promosso dai Giovani di Confagricoltura – Anga e i giovani dell’Associazione Dimore Storiche Italiane (ADSI).

Una domenica all’insegna delle eccellenze della nostra agricoltura e della bellezza di alcune tra le ville storiche più suggestive del nostro Paese.

Undici le dimore storiche che su tutto il territorio nazionale hanno aperto le loro porte ad un numeroso pubblico e ospitato le aziende agricole del territorio. Obiettivo? Promuovere allo stesso tempo i beni culturali di interesse collettivo e i prodotti agricoli del territorio delle regioni coinvolte: Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Puglia e Sicilia.

Un viaggio che ha mostrato a cittadini e istituzioni l’importanza per il nostro Paese di un turismo capace di esaltare il legame indissolubile tra cibo e territorio e che può essere il perno di un’economia circolare per i borghi dove le dimore sono situate.

 

In Emilia Romagna hanno aperto le loro porte il Castello di Tabiano in provincia di Parma, splendida fortezza costruita più di mille anni fa dai marchesi Pallavicini per controllare la via Emilia, e la seicentesca Villa Venenti situata a Budrio, in provincia di Bologna.

 

Nel Lazio, a Frascati, ad aprire le porte al pubblico e alle aziende agricole del territorio è stata la seicentesca Villa Mergé.

In Piemonte il Castello di Piovera, fortezza del XIV secolo, e il Castello di Tagliolo, situato in una zona del Monferrato appartenuta nel corso dei secoli a diversi feudatari, fino ad arrivare ai marchesi di Tagliolo.

In Veneto protagonista è stata la Villa di Maser, in provincia di Treviso, concepita intorno al 1550 dall’architetto Andrea Palladio, dove oltre all’esposizione e degustazione dei prodotti delle aziende, si è tenuto un momento di approfondimento sull’agricoltura con il racconto di alcune storie di successo di imprese condotte da giovani di Confagricoltura Anga Veneto.

 

In Umbria la location dell’appuntamento è stato il Palazzo Pandolfi Elmi, edificio cinquecentesco, situato nel centro di Foligno.

 

In Puglia un grande pubblico ha potuto visitare Palazzo Ducale di Alessano, costruito alla fine del XV secolo e situato in provincia di Lecce, ad Alessano appunto, nel cuore del basso Salento.

In Sicilia è stata la volta di Palazzo Castelnuovo, edificio del XVIII secolo, collocato nella piana dei Colli di Palermo, nei cui giardini le aziende hanno esposto i loro prodotti e dove si è tenuto un convegno che ha visto la partecipazione di docenti universitari, che hanno approfondito temi come l’architettura rurale in Sicilia e la tradizione dell’agricoltura siciliana. Mentre in provincia di Catania ad aprire al pubblico è stato Palazzo Spadaro Libertini, uno dei palazzi più antichi di Caltagirone, ricostruito su un impianto preesistente cinquecentesco, con una mostra dell’artista Kristo Neziraij, degustazioni dei prodotti delle aziende e visite guidate della dimora.

Anche in Toscana l’evento, che si è svolto nel cuore di Firenze, a Palazzo Guicciardini, ha riscosso un grande successo di pubblico, costituito anche da molti turisti.

 

Ai diversi appuntamenti non sono mancati rappresentanti delle autorità locali.

In tutte le dimore le aziende agricole hanno potuto vendere e far degustare i loro prodotti (olio, vino, miele, confetture, succhi di frutta, mandorle) ad un pubblico eterogeneo costituito da semplici curiosi, ma anche da addetti ai lavori; in ogni dimora si sono inoltre tenute delle visite guidate molto partecipate.

 

Il connubio tra arte e buon cibo, tra storia e tradizioni gastronomiche di un territorio, si è rivelato vincente, con un’affluenza media di circa 300 visitatori per ogni dimora. Soddisfatte le aziende che hanno potuto valorizzare i propri prodotti in location d’eccezione. Soddisfatti anche i bambini, che nella dimora di Palermo, hanno partecipato ad un laboratorio didattico sulle api.

 

“E’ stata grande la partecipazione per un evento che sancisce e consolida la collaborazione tra i custodi del territorio, ovvero gli imprenditori agricoli, e i custodi delle bellezze storiche del paese. – ha detto il presidente dei Giovani di Confagricoltura – Anga, Francesco Mastrandrea – Una così forte presenza di istituzioni e curiosi in 11 dimore sparse per tutta l’Italia certifica che l’unione tra questi due mondi è importante e riconosciuta e che va senz’altro incentivata e valorizzata”.

 

 

“Questa giornata ha voluto sancire in maniera ancora più salda il legame tra le dimore storiche e il territorio in cui si trovano. Il nostro scopo era quello di valorizzare i prodotti d’eccellenza Made in Italy delle aziende agricole, permettendo al contempo ai cittadini di visitare in maniera esclusiva questi luoghi. Siamo molto felici della grande partecipazione all’iniziativa e ci auguriamo di poter sempre di più mettere in luce il legame tra queste due realtà con iniziative volte non solo alla promozione delle dimore storiche, ma anche delle realtà dei borghi e dei comuni in cui si inseriscono” ha dichiarato Anna Maria Pentimalli, presidente di ADSI Giovani.

 

 

 

 

Associazione Nazionale Dimore Storiche 

L’Associazione Dimore Storiche italiane, Ente morale riconosciuto senza fini di lucro, è l’associazione che riunisce i titolari di dimore storiche presenti in tutta Italia. Nata nel 1977, l’Associazione conta attualmente circa 4500 soci e rappresenta una componente significativa del patrimonio storico e artistico del nostro Paese. L’Associazione promuove attività di sensibilizzazione per favorire la conservazione, la valorizzazione e la gestione delle dimore storiche, affinché tali immobili, di valore storico-artistico e di interesse per la collettività, possano essere tutelati e tramandati alle generazioni future nelle condizioni migliori. Questo impegno è rivolto in tre direzioni: verso i soci stessi, proprietari dei beni; verso le Istituzioni centrali e territoriali, competenti sui diversi aspetti della conservazione; verso la pubblica opinione, interessata alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale del Paese.

 

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