Itticoltura, API (Confagricoltura): consumi e fatturato in crescita. Calano le quantità prodotte

«Cresce il consumo di pesce tra gli italiani, che raggiunge i 29 kg pro-capite. Aumenta la produzione a livello mondiale che, invece, resta stagnante in Europa, Italia compresa. L’analisi che diffondiamo oggi – afferma Pier Antonio Salvador, presidente dell’Associazione Piscicoltori Italiani (API) – ha documentato, nel 2022, il superamento 300 milioni di euro di giro d’affari, grazie alla produzione di 53.900 tonnellate di pesci di venti specie diverse, distribuiti in più di settecento siti produttivi». 

Nonostante una leggera flessione, la regina del mercato rimane la trota con 29.000 tonnellate prodotte e 113 milioni di valore generato, al netto del prodotto trasformato. Secondo e terzo posto per orata e spigola che, invece, nonostante i volumi pressoché stabili, hanno registrato un aumento dei margini. 

Tra il conflitto, che ha fatto lievitare i costi, e l’andamento climatico estremamente siccitoso l’API ha calcolato una flessione pari al 20% di volume nelle troticolture, acuita dall’impennata dei costi energetici necessari per attingere l’acqua dal sottosuolo e mantenere i pesci in vita. «È stato proprio quest’effetto combinato – precisa Andrea Fabris, direttore di API – a far diminuire la quantità prodotta, aumentare i prezzi, rimodulando l’offerta che, per esempio, nel caso della trota iridea, ha portato a pezzature ridotte».

Il caviale primeggia tra le produzioni di acqua dolce. «Si conferma – aggiunge il presidente dell’associazione – un prodotto in forte crescita in cui il “Made in Italy” dimostra il ruolo di leader a livello europeo e, a livello mondiale, secondo solo alla Cina per quantità. Purtroppo, invece, il nostro studio conferma il declino dell’anguilla, con 100 tonnellate di prodotto perso in un anno. Per il comparto marino, invece, numeri in crescita: 17.600 tonnellate di spigola e orata prodotte, per un totale di oltre 140 milioni di euro di fatturato, si deve al maggiore spazio concesso agli allevamenti offshore e alla maggiore richiesta all’interno della Gdo e della ristorazione».

La produzione italiana di spigole e orate copre solo il 20% del fabbisogno nazionale, con un forte ricorso all’import da Paesi stranieri. «Stiamo cercando di diversificare l’offerta introducendo Ombrina, Ricciola e Corba Rossa. Per invertire la bilancia commerciale, una strada passa anche attraverso la valorizzazione della prelibata carne di storione, apprezzata anticamente. Siamo ancora in una fase di ricerca. Il prodotto fresco sicuramente è quello che si presta a più utilizzi, con poche lische e alti valori nutrizionali – conclude Fabris -. Disponibili in commercio anche medaglioni già pronti, filetti affumicati oppure sott’olio».

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Caro bollette, Api (Confagricoltura): pesce italiano a rischio sulle tavole

“Sono letteralmente saltate, a causa del drastico aumento dei costi di produzione per i prodotti della piscicoltura, le programmazioni per i prossimi mesi, incidendo sulla presenza del prodotto ittico d’acquacoltura, mettendo a rischio la stessa sopravvivenza di molte imprese del settore e la presenza di pesce ‘made in Italy’ fino alle prossime feste natalizie”. Questo l’allarme lanciato da Pier Antonio Salvador, presidente dell’associazione piscicoltori italiani di Confagricoltura.

La situazione, denunciano i piscicoltori di Confagricoltura, dopo oltre 6 mesi di conflitto, è aggravata dalla forte carenza idrica determinata dal prolungarsi del periodo siccitoso. Queste le cause scatenanti di considerevoli e potenzialmente irreversibili ripercussioni sulle imprese del settore.

I mangimi sono aumentati del 35%, l’energia elettrica dal 200 al 300 % (in base alle tipologie d’utilizzo), l’ossigeno liquido ha segnato almeno un +250%. Incrementi importanti anche nella logistica interna (mezzi aziendali e imbarcazioni) e negli scambi con fornitori e clienti dovuti ai rincari dei carburanti agricoli (che non hanno tutte le agevolazioni della pesca), nel costo degli avannotti, degli imballaggi, dei materiali e pezzi di ricambio necessari alla manutenzione degli impianti e delle attrezzature.

Il già notevole aumento del costo unitario di produzione è addirittura raddoppiato nei sistemi fortemente dipendenti dalla disponibilità di energia elettrica. Nel caso degli impianti a terra, gli allevatori hanno dovuto attivare le pompe, prevalentemente inutilizzate da 2003 (altra annata estremamente siccitosa); rilevante anche l’impatto sulle aree lagunari, in particolare nel Nord Adriatico.

“Siamo molto preoccupati – conclude Salvador – per il tragico quadro che si è determinato dal punto di vista economico. Per gli allevamenti non si può configurare un lockdown ma, senza urgenti provvedimenti in grado di abbattere immediatamente i costi, crescerà inevitabilmente il numero delle imprese a rischio chiusura, costringendo gli italiani a consumare sempre più pesce importato”.

 

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Consumi: in casa si cucina più pesce di allevamento, ma pesa lo stop ai ristoranti

Luci e ombre sulle vendite di pesce: questo è il quadro della situazione tracciata dall’Associazione italiana piscicoltori di Confagricoltura, avvalorata da uno studio commissionato a CREA-MC

Mentre le famiglie italiane consumano di più il prodotto d’acquacoltura, e non solo per le feste, la chiusura dei ristoranti ferma il mercato. I risultati della ricerca ai tempi della pandemia

Luci e ombre sulle vendite di pesce. Questo è il quadro della situazione tracciata dall’Associazione italiana piscicoltori di Confagricoltura, avvalorata da uno studio commissionato a CREA-MC. “Il settore – mette in evidenza Pier Antonio Salvador, presidente API – sta attraversando un ulteriore periodo di crisi a seguito delle nuove misure attivate per ridurre la diffusione del COVID. Il nuovo blocco dell’Ho.Re.Ca., delle pesche sportive e di buona parte delle esportazioni causa grossi problemi agli allevamenti, che guardavano con speranza al futuro”.

Per contro, il rimanere a casa ha avuto risvolti positivi sui consumi domestici di pesce, facendo registrare una crescita dell’11% dallo scorso marzo, ancor più significativa se viene raffrontata con altri alimenti: solo la pasta e la verdura presentano incrementi superiori.

Nel periodo di emergenza sanitaria, mette in evidenza la ricerca, si registra anche una maggior sensibilità sull’origine: le famiglie mostrano una spiccata preferenza per il pesce allevato in Italia, perché ritenuto di migliore qualità e più controllato, rispetto al prodotto di importazione.

“Questo che stiamo trascorrendo – rimarca il presidente dei piscicoltori – è un periodo estremamente difficile, che ha fatto riflettere e approfondire i temi dell’importanza di un’alimentazione equilibrata per la salute. Sempre più viene riconosciuto il valore dell’acquacoltura, che gioca un ruolo fondamentale nel comparto ittico italiano, europeo e globale, perché produce alimenti di qualità e genera occupazione”⁠.

Il 48% dei consumatori, si legge nello studio, continua a modificare le proprie abitudini alimentari in conseguenza della pandemia. E sono cambiate anche le modalità di preparazione del pesce: il 10% dei consumatori, grazie alla possibilità di avere più tempo per sperimentare, ha migliorato la capacità di provare nuove ricette, cucinando ottimi piatti anche a casa. Per quanto riguarda gli acquisti, invece, anche se non si osservano particolari criticità riguardo alla vendita di pesce fresco al supermercato, molti hanno cambiato luoghi e modalità, optando per la consegna direttamente dalle aziende di acquacoltura, o per l’ “home delivery”.

“E’ fondamentale – conclude Salvador, ribadendo la mission dell’API – fornire una giusta e puntuale informazione sul comparto, sull’importanza di una corretta etichettatura e tracciabilità, anche attraverso i canali social dell’associazione”. Particolarmente apprezzate, sul sito API – Associazione Piscicoltori Italiani – Acquacoltura Sostenibile le ricette realizzate anche in collaborazione con la food blogger Renata Briano, capaci di coniugare facilità della preparazione casalinga con proposte culinarie di qualità.

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“Scegliete solo pesce Made in Italy”: l’appello di Confagricoltura e dell’Associazione Piscicoltori Italiani ai ristoratori

Il vantaggio è doppio: acquistare qualità e bontà con il sostegno del D.L. ”Agosto”

 

In Italia circa il 50% dei prodotti dell’acquacoltura e della pesca viene consumato al di fuori dalle mura domestiche. Confagricoltura e API (Associazione Piscicoltori Italiani) invitano ristoranti, pubblici esercizi e agriturismi a scegliere prodotti nazionali utilizzando i vantaggi previsti dal D.L. “Agosto”. Nel decreto legge approvato, infatti, sono previste risorse per 600 milioni, proprio per sostenere l’acquisto di prodotti agricoli del territorio (articolo 58, Fondo filiera ristorazione).

L’Associazione Piscicoltori evidenzia come questa misura sia un’opportunità da cogliere, dal momento che, sovente, il prodotto importato da altri Paesi non è in grado di offrire le medesime caratteristiche e garanzie di quello italiano.

Il Fondo, che in fase di conversione, su richiesta di Confagricoltura, è stato esteso alle attività di ristorazione connesse alle aziende agricole, è una grande occasione per gli esercenti, che potranno offrire un prodotto di eccellenza utilizzando queste risorse e iniziare proficue collaborazioni con gli allevatori italiani. Tutto questo a vantaggio dei comparti interessati e dei consumatori, che avranno così certezze sull’origine e sul metodo di produzione del pesce ordinato al ristorante.

Confagricoltura e API mettono in evidenza, inoltre, come i nostri acquacoltori siano impegnati a garantire prodotti di altissima qualità, sani e nutrienti, fondamentali anche nelle diete dei più piccoli. Dal punto di vista nutrizionale, infatti, il pesce allevato contiene pregiate prerogative organolettiche e nutrizionali, come gli acidi grassi e gli Omega 3, ottimi per la salute e per rafforzare il sistema immunitario.

Il settore dell’acquacoltura – ricordano Confagricoltura e API – vanta un giro d’affari di oltre 500 milioni di euro, occupa 15.000 addetti e produce più di 180.000 tonnellate tra pesci e molluschi, in 800 siti produttivi concentrati per il 60% al Nord, il 15% al centro e il 25% al Sud.

Il pesce più allevato in Italia è la trota, che con 37.000 tonnellate supera un valore di 120 milioni di euro. Seguono orata e spigola, con 17.000 tonnellate, per un valore di 133 milioni. Inoltre, il nostro Paese produce 130 milioni di avannotti di specie ittiche marine pregiate ed è leader europeo nella produzione di caviale da allevamento, con più di 50 tonnellate.

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In estate aumenta il consumo di pesce, Api (Confagricoltura): quello allevato in Italia è sano e sicuro

Mangiare pesce fa sempre bene e in estate cresce il consumo di prodotti ittici. “Per meglio rispondere alle esigenze dei consumatori – sottolinea Pier Antonio Salvador, presidente dell’Associazione Piscicoltori Italiani, aderente a Confagricoltura – è aumentata la produzione nazionale dell’orata, specie molto richiesta (dalle 7600 tonnellate del 2016, siamo passati alle 9500 tonnellate del 2017 e il trend positivo si confermerà certamente anche nel 2018), anche se il pesce più allevato in Italia resta la trota, con 35.100 tonnellate prodotte nel 2017”.

Il pesce è un’importante fonte di elementi minerali, di proteine ad elevato valore biologico, ma soprattutto di acidi grassi polinsaturi Omega 3, alcuni dei quali sono contenuti esclusivamente nei prodotti ittici. Tali componenti entrano nella costituzione delle nostre membrane cellulari, sono essenziali per lo sviluppo cerebrale e della retina, contribuiscono ad abbassare il livello del colesterolo e dei trigliceridi. “E i nostri allevamenti ittici – spiega Salvador– seguono criteri rigorosi per offrire un prodotto sempre fresco, sicuro e controllato, che possa da soddisfare la crescente domanda di pesce pregiato a costi contenuti”.

 L’acquacoltura – ricorda l’Associazione Piscicoltori Italiani di Confagricoltura – contribuisce anche a preservare l’ambiente e le risorse marine: consente di prelevare soltanto il quantitativo di pesce richiesto dal mercato, che arriva sulle tavole fresco, senza eccessi o sprechi di prodotto. La professionalità degli operatori e l’accuratezza dei controlli garantiscono l’intercambiabilità tra i prodotti di acquacoltura e il pescato tradizionale, come ha conferma anche l’Istituto di scienze delle produzioni alimentari (ISPA) del CNR (Consiglio nazionale delle Ricerche).

 “Più del 50% dei prodotti dell’acquacoltura e della pesca viene consumata fuori dalle mura domestiche e il consumatore deve essere correttamente informato e sapere che il pesce ‘made in Italy’ è di qualità superiore – conclude il presidente dei piscicoltori – mentre non sempre il prodotto importato da altri Paesi offre le medesime caratteristiche e garanzie. Per questo chiediamo una più forte azione a tutela del consumatore e delle produzioni ittiche nazionali prevedendo l’obbligo di indicare l’origine ed il metodo di produzione anche da parte degli operatori della ristorazione collettiva”.

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