Agroenergie, Giansanti (Confagricoltura): “Made in Italy sostenibile più attrattivo del Made in Italy e basta. Vince modello che integra produzione agricola ed energetica”

L’intervento del presidente di Confagricoltura al Think Negative del CIB

“Continuare a gestire l’emergenza non ci porterá lontano. Abbiamo bisogno di un modello efficiente ed integrato per salvaguardare la produttivitá e l’ambiente. L’Europa propone una strategia, che non approviamo, per abbattere le emissioni entro il 2050. Non contestiamo gli obiettivi ma le modalitá. Noi agricoltori abbiamo già gli strumenti per combattere gli effetti del cambiamento climatico: agricoltura 4.0, smart e precision farming”. Lo ha detto oggi Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, nella parte conclusiva di “Think Negative – L’agricoltura Carbon Negative per produrre di più consumando di meno”, iniziativa del CIB – Consorzio Italiano Biogas, che si sta svolgendo a Roma, al Salone delle Fontane.

 
“La PAC non é un sussidio ma un incentivo alla produttività, per dare ai consumatori un cibo sano, di qualità e in quantità adeguate – ha proseguito Giansanti -.  Ancora ieri il Parlamento europeo a Strasburgo ci ha equiparato alle grandi imprese inquinanti. Noi agricoltori subiamo il problema e anzi cerchiamo ogni giorno delle soluzioni perché il nostro lavoro si fonda sulla tutela della natura”.

 
“Operiamo in un mercato globale. L’integrazione tra produzione agricola e di agroenergie rappresenta un modello efficiente che rimette al centro la competitivitá tutelando l’ambiente. Produciamo energia, decarbonizziamo, coltiviamo riducendo l’impronta ambientale. Tutto questo rientra nella figura dell’agricoltore di oggi. Il made in italy sostenibile, grazie alle agroenergie, é ancora piú attrattivo del made in italy e basta”, ha proseguito Giansanti.

 

“Le eccellenze agricole italiane sono innumerevoli. Tutte filiere di grande valore. Abbiamo però bisogno di supporto per abbattere i costi. Per questo le rinnovabili sono fondamentali. In questo senso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica sta facendo molto – ha aggiunto Giansanti -. Incrementare le energie rinnovabili, abbattere il carico burocratico che ci soffoca. Solo cosi il made in Italy può crescere ulteriormente. Ora e’ importante che venga definita la tariffa del biogas per proseguire nella produzione”.

 

“Cé un tema di infrastrutture e sviluppo digitale da implementare. Integrare la produzione energetica con la produzione agricola ci aiuta a creare dei distretti di sostenibilità nei nostri territori. Circolaritá totale e impatto zero: ecco il modello agricolo del futuro, abbiamo giá tutto in casa. Ora tocca ai ministri sostenerci”, ha concluso il presidente di Confagricoltura.

 

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Carote, volumi a picco e costi alle stelle. Giadone: “Attese alte dalla GDO. Importante programmare”

L’analisi di Roberto Giadone (Natura Iblea) in un articolo di Corriere Ortofrutticolo

Per la carota novella siciliana si profila un’annata complicata. Il clima ancora una volta ha inciso in maniera determinante sulla produzione. Se la mancanza di volumi porterà ad un aumento dei prezzi, di contro sono saliti in maniera considerevole i costi, con diverse aziende che si sono trovate in forte difficoltà.

A tracciare il quadro della situazione è Roberto Giadone (nella foto), a capo di Natura Iblea di Ispica (Ragusa), una delle principali realtà produttive biologiche siciliane. “Il periodo di semina della novella (che va da settembre a novembre, ndr) è stato ad dir poco complesso, caratterizzato da una forte siccità – esordisce l’imprenditore siciliano. Durante il mese di ottobre non è caduta una goccia d’acqua. Non era mai capitato prima. L‘irrigazione aggiuntiva necessaria per consentire la maturazione degli ortaggi ha aumentato i costi di almeno il 40%. Nonostante ciò il 30% della carota prevista non è nata, proprio a causa di terreni rimasti per troppo tempo asciutti: quando si è iniziato a seminare e irrigare i terreni a regime biologico sono stati attaccati dagli insetti. Pertanto nonostante i prezzi si siano innalzati – con una domanda sostenuta e un mercato molto attivo – non sono e non saranno sufficienti per coprire i costi di produzione”.

Raccolta ai blocchi di partenza: si attendono le richieste dall’Europa

Nel frattempo sono partite le prime cavature. “Il grosso della produzione arriverà da marzo in poi. La qualità è buona ma mancano le quantità. L’Europa centrale non ha ancora iniziato a richiedere merce in quanto sta consumando ancora quella locale. Tuttavia quest’anno le prime richieste potrebbero arrivare già verso fine febbraio, quando di solito arrivano ad aprile, sempre per scarsa produzione anche in quelle aree produttive. Anche all’estero tante aziende chiudono e calano gli investimenti”, spiega Giadone.

Natura Iblea – che quest’anno prevede un calo produttivo di duemila tons, da 8 mila del 2023 a 6 mila tonnellate – fa della programmazione una delle sue peculiarità, fondamentale specialmente in questi periodi così complicati e poco decifrabili, condizionati dai cambiamenti climatici. “Già a ottobre stipuliamo contratti con la GDO europea che chiede il nostro prodotto biologico. Per la situazione così complessa in cui ci troviamo abbiamo chiesto ed ottenuto un aumento del 30% dei prezzi. La distribuzione si sta rendendo conto delle difficoltà a cui il mondo produttivo sta andando incontro e pur di non rimanere senza merce, quest’anno particolarmente scarsa in volume, è disposta a spendere di più”.

 

Emanuele Zanini

emanuele.zanini@corriereortofrutticolo.it

 

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Glifosato, Confagricoltura: il mancato rinnovo avrebbe avuto pesanti conseguenze sui livelli produttivi

In Italia è utilizzato solo nelle fasi di pre-semina, garantendo massimi livelli di sicurezza

“Una decisione positiva per le imprese agricole e fondata su solide basi scientifiche. Il mancato rinnovo dell’autorizzazione avrebbe avuto rilevanti conseguenze sui livelli di produzione”.

Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha così commentato l’annuncio odierno della Commissione europea che procederà al rinnovo dell’autorizzazione all’uso del glifosato per un periodo di dieci anni con nuove condizioni e restrizioni, in assenza di parere da parte degli Stati membri. Anche in seno al comitato di appello, infatti, non è stata raggiunta la maggioranza necessaria per approvare o respingere la proposta di rinnovo presentata dalla Commissione.

La proposta – evidenzia Confagricoltura – ha fatto seguito alle conclusioni a cui è giunta l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA), dopo un processo di valutazione che è iniziato nel 2019. Secondo l’EFSA, “non sono state individuate aree critiche di preoccupazione per la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente”.  Nel corso di un’audizione che si è svolta al Parlamento europeo a fine agosto, i rappresentanti dell’EFSA hanno dichiarato che quella sul glifosato è stata la valutazione più approfondita mai effettuata.

Dal canto suo, anche l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) ha sostenuto che “l’esame dei pericoli posti dal glifosato non soddisfa i criteri scientifici che ne giustifichino la classificazione come sostanza cancerogena”.

“L’uso di prodotti chimici in agricoltura va ridotto, proseguendo un percorso che è già in atto da tempo – sottolinea Giansanti – ma gli agricoltori devono avere a disposizione valide alternative sul piano tecnico ed economico. Nella fase di grande incertezza che è in atto, anche l’impatto sul potenziale produttivo deve essere attentamente valutato”.

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Giansanti (Confagricoltura): “Rischio recessione se aumentano ancora i tassi di interesse”

 “Con un ulteriore aumento dei tassi di interesse salirebbe sensibilmente il rischio di una recessione generalizzata nell’area dell’euro”. Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, lancia l’allarme in vista della prossima riunione della Banca centrale europea (BCE) che potrebbe varare una nuova stretta creditizia.

“Gli ultimi dati della Commissione europea indicano che l’attività economica sta già rallentando e sono state riviste al ribasso le previsioni di crescita nell’area dell’euro per quest’anno e per il 2024 – rileva Giansanti -. L’inflazione è in calo, ma per i prossimi mesi è previsto un aumento dei costi energetici sui quali la nuova stretta della BCE non avrebbe effetto”.

“Preoccupa, in particolare, la recessione prevista per la Germania, che è il primo mercato di sbocco per le esportazioni italiane nel complesso e per le produzioni del settore agroalimentare. Non è quindi scontato che, come si è verificato in passato, le esportazioni del Made in Italy agroalimentare consentano di compensare la riduzione delle vendite sul mercato interno”.

Intanto l’ISTAT ha segnalato una preoccupante contrazione della produzione dell’industria alimentare. A luglio, la riduzione è stata del 4,5% sullo stesso mese del 2022. “Anche l’andamento dei prezzi agricoli all’origine risente in negativo della diminuzione dei consumi – rileva il presidente di Confagricoltura -. La riduzione è dovuta essenzialmente al taglio innescato dalla perdita di potere d’acquisto. L’aumento dei tassi di interesse comporterebbe un raffreddamento aggiuntivo della domanda”.

“La stretta creditizia già varata dalla BCE è senza precedenti per velocità e intensità – conclude Giansanti -. In aggiunta ai maggiori costi, è in calo la concessione di credito da parte delle banche. Tra le conseguenze c’è anche la crescente difficoltà delle imprese a partecipare alle iniziative del PNRR”.

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Giornata Mondiale del Latte, Confagricoltura: tuteliamo l’oro bianco che nutre il pianeta

Con un valore della produzione di circa 5,5 miliardi nella fase agricola e 16,5 miliardi di quella commercializzata per la fase della trasformazione, il lattiero caseario è uno dei settori trainanti dell’agroalimentare italiano. E il latte, soprattutto nella crescita, secondo evidenze scientifiche rappresenta una delle principali fonti di proteine nobili per la corretta dieta alimentare degli italiani e della popolazione mondiale. Lo sottolinea Confagricoltura in occasione della Giornata Mondiale del Latte, che si celebra oggi 1° giugno

Guardando agli ultimi anni, l’offerta di latte bovino nazionale è aumentata sensibilmente e l’Italia, dal 2015 ad oggi, è passata dal 75% circa a poco meno del 100% di autoapprovvigionamento, raggiungendo una quasi sostanziale autosufficienza, con una produzione pari a quasi 13 milioni di tonnellate di consegne. Quella di latte ovicaprino, da alcuni anni si attesta stabilmente intorno alle 500mila tonnellate annue. 

Gli allevatori hanno “spinto” infatti le produzioni con maggiori investimenti, soprattutto in innovazione, qualità e benessere animale, raggiungendo standard mai conseguiti in precedenza. Il mercato ha premiato questi sforzi e ha chiesto più latte nazionale, anche nel periodo della pandemia. 

La grave emergenza che ha travolto l’Emilia Romagna nelle settimane scorse – con allevamenti completamente isolati, che stanno terminando le scorte di fieno ed acqua – deve far riflettere su quanto sia importante, ora piu’ che mai, impegnare congrue risorse investendo su ricerca e nuove tecnologie per fronteggiare i mutamenti climatici e per tutelare questo prezioso alimento attraverso aiuti concreti agli allevatori italiani, stanziando risorse economiche sufficienti a sostenere quello che è l’anello debole della catena.

In questa direzione, Confagricoltura evidenzia che l’innovazione del sistema zootecnico italiano ha portato già a degli importanti risultati. Infatti, secondo gli ultimi dati pubblicati da ISPRA, il sistema produttivo ha ridotto complessivamente le emissioni di gas serra di circa il 13% nel periodo 1990-2021; nello stesso periodo, se si considera il solo metano, la riduzione osservata arriva al 13,8%, soprattutto grazie allo sviluppo degli impianti di biogas che, attraverso la digestione anaerobica dei reflui zootecnici, evitano la dispersione del metano in atmosfera. 

L’80% della produzione di latte vaccino in Italia è concentrata i quattro regioni (Lombardia 46%, Emilia-Romagna 16%, Veneto 9% e Piemonte 9%). La spesa annua delle famiglie per i prodotti lattiero-caseari è di circa 20 miliardi di euro.

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Caro pasta, il vicepresidente di Confagricoltura Lasagna al MIMIT: auspichiamo dialogo costruttivo per garantire valore a tutte le parti della filiera

“Promuovere una riflessione comune finalizzata a combattere il clima di sfiducia che rischia di diffondersi all’interno e tra i singoli attori della filiera, imprese agricole comprese, e a riconoscere un giusto prezzo della materia prima per dare valore a tutte le parti della filiera. La riunione di oggi è sicuramente un primo grande passo verso questa direzione”.  Lo ha affermato il vicepresidente di Confagricoltura, Matteo Lasagna, intervenuto alla Commissione di allerta rapida convocata al MIMIT questo pomeriggio dal Garante per la sorveglianza dei prezzi, Benedetto Mineo, per un’analisi sui rincari della pasta, aumentata di circa il 17% rispetto all’anno scorso, in un contesto caratterizzato dalla riduzione del prezzo del grano duro e dalle dinamiche variabili dei costi dell’energia e degli altri fattori della produzione. 

“La recente evoluzione delle quotazioni di mercato a livello nazionale sta preoccupando non poco gli agricoltori, che – ha precisato Lasagna – nonostante le recenti inversioni di tendenza, stanno ancora patendo il forte aumento dei costi di produzione affrontato nell’ultimo anno. Per il grano duro, nelle ultime settimane i prezzi all’origine si sono contratti notevolmente, con riduzioni che hanno raggiunto il 10% su base settimanale”. 

La questione della tenuta del prezzo pone un serio problema di approvvigionamento. Confagricoltura rimarca che, mentre negli ultimi anni si era assistito a un miglioramento del tasso di autoapprovvigionamento per il grano duro, la minore remunerazione della materia prima potrebbe indurre a una contrazione delle semine e della produzione nazionale che, a sua volta, potrebbe concludersi in un maggiore ricorso alle importazioni. L’Italia, – ricorda la Confederazione – è il primo produttore mondiale di pasta, ma è ancora fortemente dipendente dall’import di materie prime. 

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Frutta in crisi, summit Confagricoltura: necessari interventi urgenti per salvare le imprese

«Misure urgenti per dare un supporto finanziario alle imprese, quali indennizzi e strumenti di sostegno al reddito e alla liquidità, ma anche interventi per alleviare i costi di produzione, oramai insostenibili, agendo sulla riduzione del costo del lavoro attraverso la decontribuzione degli oneri sociali. Servono inoltre detrazioni fiscali per calmierare i prezzi dell’energia e interventi tempestivi per ridare competitività al settore, accelerando sullo sviluppo della ricerca scientifica e delle moderne biotecnologie sostenibili». E’ quanto è stato sottolineato all’incontro tra la sezione frutticola di Confagricoltura Emilia Romagna e il presidente della Federazione Nazionale Frutticoltura, Michele Ponso, insieme agli uffici di Confagricoltura. Al centro della riunione la gravissima situazione in cui versa la frutticoltura, e in particolare quella emiliano-romagnola, dopo una campagna compromessa dalla siccità e dall’ondata di caldo anomalo, oltre che dai folli rincari dei fattori produttivi.

«Ci troviamo ad affrontare l’ennesimo anno nero, che ha visto crollare produttività e redditività delle imprese – afferma Ponso – Occorrono azioni immediate da parte del Governo e dell’Europa, in raccordo con le Regioni e le Organizzazioni dei Produttori”.

Le richieste da proporre al nuovo Parlamento e al nuovo Esecutivo sono su più fronti: affrettare i tempi per costituire il catasto frutticolo oramai richiesto da anni; istituire un Tavolo frutticolo nazionale permanente per affrontare lo stato di crisi e puntare al rilancio del comparto; mirare a ottenere la moratoria sui mutui e la concessione di aiuti per l’espianto e il reimpianto; risolvere la problematica relativa alla sospensione dei contributi; indirizzare la ricerca e destinare i fondi regionali per la risoluzione delle problematiche più urgenti.

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World Pasta Day, Confagricoltura: il 25 ottobre si celebra uno dei simboli cardine della dieta mediterranea

Un alimento accessibile, facile da preparare e che mette d’accordo tutti, ma pochi conoscono il lavoro che c’è dietro ad un piatto di pasta, a cominciare dalla materia prima, che si ottiene dalla produzione agricola. Per continuare a produrre cibo eccellente sotto il profilo organolettico e ad elevati standard di qualità, quali sono i nostri, è indispensabile sostenere il comparto cerealicolo italiano, perché servono investimenti importanti. Lo sottolinea Confagricoltura in occasione del World Pasta Day che si celebra il 25 ottobre, ribadendo l’importanza di rimettere il comparto cerealicolo al centro dell’agricoltura nazionale.

Produzione simbolo del made in Italy, la pasta subisce anch’essa le ripercussioni indirette del clima pazzo e i rincari record dei costi di produzione scatenati dalla crisi energetica conseguente al conflitto Russia-Ucraina – e dunque va salvaguardata. L’Italia è infatti il primo Paese produttore di pasta, con 3,6 milioni di tonnellate l’anno, per oltre il 60% esportata.

Secondo un’elaborazione del centro Studi di Confagricoltura, la coltivazione di frumento duro nel nostro Paese copre 1,26 milioni di ettari di superficie ed è la coltura più estesa in Italia, con una produzione raccolta totale di oltre 3,9 di tonnellate.

Tra le regioni con maggiore presenza degli ettari coltivati a grano duro rispettivamente Puglia (344.700 ettari e 688mila t di produzione raccolta); Sicilia 272.405 ettari e 813mila t) e Basilicata (115.236 ettari per 321mila t), spiccano nella “top five” delle regioni italiane di produzione anche Emilia Romagna e Marche che, rispettivamente con 85mila e 90 mila ettari, producono 375mila e 467mila tonnellate di frumento duro.

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Alla luce della situazione determinata da questo particolare momento storico, è essenziale adattare la nostra capacità produttiva ai mutamenti climatici, intensificare in modo sostenibile le produzioni tramite investimenti materiali e immateriali affinchè le imprese italiane producano di più e meglio, per soddisfare consumatori sempre più esigenti, sottolinea Confagricoltura.

Ora più che mai, secondo l’Organizzazione agricola, si rende necessario far ricorso alla ricerca ed alle tecnologie ed il settore dei seminativi è uno di quelli che può avvantaggiarsi di più dalla innovazione in tutti i campi: dall’agricoltura di precisione al miglioramento genetico di ultima generazione.

Sono poi necessari nuovi protocolli per la definizione dei parametri di qualità, oltre che promuovere e garantire l’adozione di contratti di filiera sempre più chiari e trasparenti, così da rendere più remunerativa la coltivazione del grano duro per tutti gli operatori. A tal fine è stato sviluppato il sistema “FruClass”, ideato dall’Università degli Studi della Tuscia e sostenuto dal Coordinamento Agrinsieme, nell’ambito del protocollo per la valorizzazione del grano duro, siglato con tutte le Organizzazioni della filiera ‘grano duro-pasta’.

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Per gli imprenditori agricoli il tempo delle scelte (quasi obbligate): diminuire la produzione?

Le amare riflessioni e i quesiti illuminanti del Socio di Confagricoltura Ragusa,  dott. Roberto Giadone (Natura Iblea – Paniere Bio, azienda agricola di Ispica leader nel settore bio), già vincitore di diverse edizioni del premio Welfare Index PMI 

Quali scelte deve fare un agricoltore in questo momento di grande incertezza? Siamo nella fase di inizio di unanuova campagna dove dobbiamo pianificare le quantità, le varietà e i tempi di produzione. Per noi agricoltori è il tempo delle scelte.

Le aziende agricole non sono delle casseforti finanziarie, con riserve di denaro illimitate, tutto quello che guadagniamo è quasi sempre reinvestito nell’azienda stessa. Un errore di valutazione può essere cruciale per la sopravvivenza stessa delle nostre aziende.
In questa fase qualche giorno fa mi sono trovato a fare queste considerazioni:

1 – abbiamo uno spropositato aumento dei costi di produzione e quindi dovremo vendere il prodotto ad un prezzo di almeno il doppio della scorsa stagione, ed avremo un raddoppio dell’investimento finanziario iniziale in semi, concimi, coperture, energia, ecc.;

2 – il potere di acquisto dei singoli cittadini non è aumentato (stipendi al palo) anzi è diminuito a causa dell’inflazione;

3 – la difficoltà nel reperire manodopera mi ha portato a non poter raccogliere tutto il prodotto in campo nella scorsa stagione.

Queste considerazioni mi hanno portato ad una scelta quasi obbligata: diminuire la produzione. Ridurre la produzione e quindi abbassare la nostra offerta di prodotto. Avremo un minore investimento iniziale, non avremo bisogno di tornare alla spasmodica ricerca di personale (anzi lo diminuiremmo), non offriremmo al consumatore impoverito troppo prodotto caro. Scelta semplice, intuitiva ed economicamente intelligente. Ma… La GDO potrà accettare di avere gli scaffali vuoti per mancanza di prodotto? Il consumatore medio rinuncerà all’acquisto del “fresco fuori stagione” anche se è ormai entrato nella logica salutistica di una dieta variata tutto l’anno? Il surplus di personale ed i conseguenti licenziamenti come potranno avvenire senza operare scelte penose e dolorose? Come ammortizzare le spese delle nostre strutture con un fatturato minore?
Molte volte le scelte intelligenti non sono anche semplici. Io non ho una ricetta in mano per dare una risposta alle domande, ma è pur sempre vero che abbiamo, noi agricoltori, da sempre una spiccata attitudine a superare e sopportare i problemi. Nel mio dialetto siciliano c’è un detto che recita così “calati juncu ca passa la china” (calati giunco e fai passare la piena del fiume) per poi rialzarsi più forti di prima. Speriamo…

 

Roberto Giadone

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Grano duro, Confagricoltura: “Fermare la speculazione e ritornare a un proficuo dialogo all’interno della filiera”

“Sulla corsa verso l’alto dei prezzi del grano duro può avere inciso una scommessa che sta ora producendo distorsioni lungo la filiera. Le notizie, forse filtrate ad arte, di ritorni su buoni livelli di produzione in Nord America, dopo la forte contrazione dello scorso anno, hanno spinto molti agricoltori italiani a vendere velocemente, generando così un eccesso di offerta sul mercato”.

A parlare così a margine dell’Assemblea generale di Confagricoltura è Carlo Maresca, presidente della Federazione nazionale cereali alimentari della Confederazione.

“In queste ultime ore si registra una repentina discesa del prezzo del grano duro che non trova giustificazioni in una campagna di raccolta che ha fatto segnare sul territorio nazionale un calo medio di produzione di circa il 30%. Il rischio, alimentato anche dalla grande speculazione finanziaria che approfitta della crisi internazionale in corso, è che ci sia un vero e proprio crollo nel valore del grano duro, che produrrebbe effetti devastanti per l’agricoltura nazionale”.

A proposito di speculazione, Confagricoltura ricorda che il mercato dei futures sulle materie prime – oro escluso – valeva, all’inizio del 2022, 390 miliardi di dollari, il 30% in più nel giro di un anno.

“Per questo – conclude il presidente Maresca – riteniamo necessario che ci sia in tutta Italia un’attenta verifica dell’andamento delle quotazioni sui diversi mercati. Dobbiamo in tutti i modi evitare che, ancora una volta, siano gli agricoltori a pagare dazio per manovre speculative che nulla hanno a che fare con uno sviluppo serio e sostenibile di un comparto strategico per l’economia italiana. Un comparto che, come tutta l’agricoltura, ha dovuto far fronte a un aumento dei costi di produzione senza precedenti e che, per evitare un tracollo, necessita della collaborazione tra tutte le parti della filiera”.

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