Olio, Confagricoltura: annata migliore rispetto al 2020, ma ancora sotto le potenzialità

Buoni risultati qualitativi. Quantità variabili da zona a zona. Diminuisce la produzione nelle aree centrali, soffre il Nord. Si paga il prezzo dei cambiamenti climatici.

 

La campagna olearia 2021/22, mediamente, si annuncia in leggera ripresa rispetto a quella dello scorso anno, seppur con forti differenze tra il Nord e le aree del Centro e del Sud. Confagricoltura presenta le stime del comparto mentre si svolgono le prime operazioni di raccolta delle olive in Sicilia.

 

La qualità è buona, e in generale gli operatori sono soddisfatti per lo stato fitosanitario delle drupe – spiegano i tecnici dell’Organizzazione – L’umidità controllata ha infatti contribuito a contenere gli attacchi di mosca, ma la mancanza d’acqua, dovuta a un’estate particolarmente asciutta, limiterà la resa in molte province olivicole.

 

La produzione di olio extravergine d’oliva, in particolare in Veneto e Lombardia, è stata praticamente azzerata a causa delle condizioni climatiche avverse: prima le gelate, che hanno ritardato le fioriture, poi le grandinate estive che hanno dato il colpo di grazia, con perdite anche del 90%. In Liguria la riduzione arriverà al 50% per fitopatologie che a luglio hanno provocato cascola di frutti sani. Dimezzata la produzione in Emilia-Romagna.

 

La situazione al Centro e al Sud si presenta estremamente variegata e altalenante a causa del clima e della disponibilità idrica. In Toscana, sulla costa, si avrà circa il 50% della produzione potenziale; nelle zone interne si andrà al 30%, ma lo stato fitosanitario è sotto controllo. In Abruzzo, rispetto allo scorso anno, la produzione registrerà un aumento del 10% con performance migliori nel Chietino e nel Pescarese. In Umbria si avrà un calo importante, anche se la qualità è ottima. Per Marche e Sardegna si prevede una contrazione, mentre nel Laziol’andamento produttivo si mostrerà a macchia di leopardo, con le province di Latina e Frosinone che lasciano presagire una buona raccolta, mentre Rieti, Viterbo e Roma avranno volumi più bassi. In generale ci si aspetta una riduzione del 25% rispetto allo scorso anno.

 

Tiene l’olio extravergine nelle regioni meridionali, ad eccezione della Campania, dove si prevede un calo del 30%. In Molise, nonostante la siccità, si prevede un aumento del 10% e un prodotto di discreta qualità. In Puglia si annuncia un’annata di carica, ma con i volumi in parte condizionati dalla siccità. Laddove è stata possibile l’irrigazione di soccorso – evidenzia Confagricoltura – si è riusciti a tamponare a scapito di costi di produzione più elevati. Nel Salento c’è grande attesa per i primi impianti di Favolosa (varietà al batterio della Xylella Fastidiosa) che entrano in produzione quest’anno e che lasciano intravedere una luce in un territorio flagellato dalla malattia.

 

In Sicilia c’è soddisfazione per lo stato fitosanitario; la quantità invece è variabile. Si sta già iniziando a raccogliere nella zona orientale per le produzioni di alta qualità, con rese in olio limitate fra il 6% il 10%. In Calabria la campagna presenta una situazione decisamente diversificata, con le aree costiere di Cosenza e Crotone in carica e una buona produzione anche nelle zone interne. Valida la performance anche nel Catanzarese, mentre nelle province di Vibo e Reggio le produzioni si preannunciano meno positive dal punto di vista dei volumi.

 

“Il settore olivicolo-oleario è fortemente influenzato dai cambiamenti climatici estremi – afferma Walter Placida, presidente Federazione (FNP) Olio di Confagricoltura –Abbiamo avuto una stagione segnata da una diffusa siccità, in particolare nelle regioni meridionali, che ha favorito il contenimento delle problematiche fitosanitarie, ma che ha influenzato i volumi produttivi. Soltanto le prossime settimane, con il clima che ci sarà all’inizio dell’autunno, potranno chiarire l’andamento anche in termini di resa in olio”.

 

Il presidente di UNAPOL (Unione Nazionale Associazioni Produttori Olivicoli) Tommaso Loiodice, aggiunge: “Mi auguro che si possano trovare le risorse finanziare da mettere a disposizione del comparto, per ampliare i sistemi di irrigazione in modo da affrontare meglio periodi di siccità che hanno caratterizzato la campagna attuale”.

 

Alcuni dati di mercato

 

L’Italia è il primo importatore mondiale di olio di oliva (da Spagna, Grecia, Tunisia, Portogallo) e il Paese che ne consuma di più: quasi 13 litri/anno pro capite.

 

L’Italia è il secondo produttore, dopo la Spagna e secondo esportatore mondiale. Il 50% dell’export nazionale è concentrato su quattro Paesi, in primis gli USA, che accolgono il 30% del prodotto tricolore, poi Germania, Giappone e Francia. La produzione italiana copre mediamente il 15% di quella mondiale (a fronte del 45% in media della Spagna).

 

La produzione nazionale è concentrata in 3 regioni (Puglia 49%, Calabria 14%, Sicilia 11%), è tendenzialmente in calo e soggetta a una eccessiva variabilità. Negli ultimi 4 anni si registra una diminuzione media del 55%.

Produzione olio Italia 2020

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Informazioni nutrizionali in etichetta: Confagricoltura e Agronetwork ne parlano a Cibus

È Cibus, il Salone Internazionale dell’Alimentazione ospitato dalla Fiera di Parma, il palcoscenico dove Confagricoltura presenterà i risultati della ricerca di Agronetwork – la associazione di promozione dell’agroindustria fondata dalla Confederazione insieme a Nomisma e LUISS – sui sistemi di etichettatura nutrizionale e il loro utilizzo da parte dei consumatori.

L’indagine, commissionata a Format Research, riguarda le aspettative degli italiani sulle informazioni nutrizionali in etichetta e sarà illustrata e commentata nel convegno “L’informazione nutrizionale in Europa fra rischi e opportunità”, in programma mercoledì 1° settembre alle ore 15.00 nella Sala Plenaria del Padiglione fieristico di Parma.

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Interverranno Pierluigi Ascani e Daniele Serio di Format Research; Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare; Marco Silano, direttore dell’Unità Alimentazione, Nutrizione Salute dell’Istituto Superiore di Sanità; Laura Rossi, ricercatrice senior del CREA. All’evento parteciperà il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, mentre le conclusioni saranno affidate al presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti.

Sono previste anche le testimonianze di alcune realtà associative ed imprenditoriali: il Consorzio di Garanzia dell’Olio Extra Vergine di Oliva di Qualità, rappresentato da Maria Grazia Minisci; Unionfood con Luca Ragaglini; Granlatte Granarolo con Gianluca Ferrari e Ruggero Lenti, presidente di Assica.

Condurrà Daniele Rossi, segretario generale di Agronetwork.

La ricerca indaga il livello di conoscenza, da parte della popolazione italiana, dei sistemi di etichettatura dei cibi e delle fonti da cui i consumatori attingono le informazioni funzionali all’acquisto degli alimenti. L’indagine di Agronetwork risulta di estrema attualità in questo periodo in cui si dibatte sulla revisione del Regolamento UE 1169/11: l’Unione Europea è chiamata a decidere entro il 2022. Il dibattito è oggi incentrato sul Nutriscore, un sistema di etichettatura basato esclusivamente su quantità standard di assunzione senza fare differenze tra tipologie e caratteristiche e porzioni di alimenti, meccanismo che rischia di ledere la comunicazione sulla qualità e sulla tipicità dei cibi che compongono una dieta ricca e variegata come quella mediterranea.

È per questo motivo che Confagricoltura si è schierata fin da subito contro il Nutri-score, appoggiando la proposta italiana del Nutrinform Battery, un sistema più articolato che indica la quantità del contenuto di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale per singola porzione, in rapporto al reale fabbisogno giornaliero. Intervistati sul punto, anche il campione di italiani intervistato dalla ricerca Agronetwork, preferisce il Nutrinform Battery al 34 % e soltanto il 17% predilige il Nutriscore.

 

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Olio, Confagricoltura: frena la produzione italiana che scivola dopo la Grecia

Secondo anno di “bassa” per la produzione nazionale di olio d’oliva, uno dei fiori all’occhiello del made in Italy. Il forte calo, secondo i dati provvisori diffusi dal Coi (Consiglio oleicolo internazionale) – sottolinea Confagricoltura – non è esclusivamente italiano, perché a perdere terreno sono anche il Portogallo (-28,8%) e la Grecia (meno 1,8%). La Spagna, invece, continua anche quest’anno a rafforzare la sua leadership segnando, in controtendenza agli altri Paesi mediterranei, una crescita del 24,4%.

 

“La forte riduzione della nostra produzione – afferma Walter Placida, presidente della Federazione (FNP) olivicola nazionale di Confagricoltura – è ormai diventata endemica. Occorre risolverla presto con un approccio pragmatico e fattivo. Siamo diventati il terzo Paese produttore dopo Spagna e Grecia, rimanendo primi importatori e consumatori. La nostra olivicoltura è un patrimonio inimitabile che vive difficoltà strutturali e commerciali nonostante la qualità dei prodotti. Siamo primi al mondo per biodiversità, con oltre 500 cultivar che danno vita ad oli con profili aromatici unici nel panorama mondiale, senza contare la cultura, la qualità delle produzioni, la salvaguardia ambientale e paesaggistica, lo sviluppo e la ricerca tecnologica”.

 

“E’ necessario – conclude Placida – un Piano olivicolo nazionale che consenta di impiantare nuovi oliveti e recuperare quelli abbandonati. Serve garantire, su tutto il territorio nazionale, valore al lavoro dei nostri agricoltori, riconoscendo un giusto sostegno alla filiera agricola impegnata nella produzione di un olio extravergine di oliva di qualità, garantendo un prezzo equo, adeguato e remunerativo. La discussione in ambito COI per la modifica dei parametri qualitativi con la riduzione dei parametri di acidità, infine, potrebbe comportare la rimozione dal mercato di una fetta consistente pari al 50% della produzione italiana di extravergine. Ma non solo. Se non si valorizza l’esito del Panel test, si corre il rischio di escludere dalla gamma degli extravergini oli con caratteristiche organolettiche ottime e continuare ad ammettere oli stranieri sensorialmente discutibili”.

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Confagricoltura, trebbiatura 2021: meno grano ma di alta qualità, a tutto vantaggio della filiera della pasta Made in Italy

È in fase avanzata la trebbiatura del grano duro in Sicilia e Puglia ed emerge che, al contrario delle previsioni iniziali (che stimavano +9%), il raccolto è in diminuzione; IGC (International Grains Council) e BMTI hanno rivisto al ribasso le stime produttive (-9,2%). Lo pone in evidenza Confagricoltura che sta monitorando le operazioni di mietitura in atto sul territorio.

 

Nel Foggiano, area particolarmente vocata alla produzione – a causa della gelata di aprile e della siccità di maggio – si registra un calo produttivo ancor più marcato (tra -20 e -30%). Però la qualità sembra ottima con peso specifico mediamente superiore a 80, mentre le proteine medie si attestano intorno a 13/14%. Che la qualità ci sia, è testimoniato anche dal fatto che il listino prezzi della Borsa Merci di Foggia (del 23 giugno) – dopo la fase di stallo per la trebbiatura – registra per il prodotto fino con contenuto proteico minimo del 12%, quotazioni di 300 euro/tonn. Si tenga presente che i prezzi del grano duro avevano raggiunto picchi superiori a 300 euro a tonnellata nel 2020, poi erano calati gradualmente nel 2021.

 

L’anno scorso, complessivamente, la Puglia ha prodotto 9,5 milioni di quintali di grano duro, il 35% della produzione nazionale, impiegando una superficie superiore a 344 mila ettari. Da sola, la provincia di Foggia, nel 2020, ha prodotto oltre 7 milioni di quintali su una superficie di 240mila ettari, con una resa media per ettaro di 29,68 quintali.

 

Invece la siccità non sembra aver compromesso i raccolti di frumenti, ma anche dell’orzo, in Emilia Romagna. Ad oggi, grano ed orzo si presentano in buone condizioni, nonostante la prolungata siccità che ha caratterizzato i primi mesi dell’anno, in quanto le piogge e le basse temperature dell’ultimo periodo hanno consentito l’assorbimento ottimale delle concimazioni azotate.

 

L’Emilia Romagna vanta l’investimento a grano tenero di 146 mila ettari, mentre il grano duro si concentra su poco meno di 50 mila ettari e l’orzo ne copre oltre 24 mila ha.

 

Nel Mantovano le prime indicazioni della trebbiatura dell’orzo rivelano rese in calo ma qualità buona e prezzi in aumento. In loco l’orzo è stato coltivato su circa 5 mila ettari.

 

“Stiamo lavorando per l’affermazione della filiera grano/pasta al 100 per cento made in Italy – ha concluso Confagricoltura -. Il grano che si sta raccogliendo è di ottima qualità, cosa che favorisce la collaborazione tricolore tra cerealicoltori e pastai. D’altronde, c’è una sempre maggiore attenzione e sensibilità da parte dei consumatori verso la pasta totalmente italiana”.

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Export UE in calo, pesa il post Brexit. Confagricoltura: “Nella disputa delle due Irlande, preservare il mercato unico europeo”

Prosegue la diminuzione delle esportazioni agroalimentari dell’Unione europea. Nei primi due mesi di quest’anno – evidenzia Confagricoltura sulla base dei dati diffusi dalla Commissione UE – si sono attestate a 28,5 miliardi di euro, il 6% in meno rispetto allo stesso periodo del 2020.

“Il dato più preoccupante – rileva il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – è che la contrazione delle vendite ha riguardato soprattutto Regno Unito e Stati Uniti, che sono due importanti mercati di sbocco per il Made in Italy agroalimentare”.

Complessivamente le esportazioni europee sono diminuite di circa 1,4 miliardi di euro nel periodo considerato.

“Con ogni probabilità la situazione sul mercato statunitense è destinata a migliorare – sottolinea Giansanti – per il superamento dell’emergenza sanitaria e per la sospensione dei dazi applicati nel quadro del contenzioso sugli aiuti pubblici ai gruppi Airbus e Boeing. La ripresa del dialogo e della cooperazione sulle questioni del commercio estero lascia sperare che sarà raggiunta entro luglio una soluzione definitiva”.

“Per il mercato del Regno Unito, invece, le prospettive non sono incoraggianti. L’uscita dalla UE ha determinato l’aumento degli oneri amministrativi e, di conseguenza, il costo delle spedizioni. Inoltre, salgono le tensioni tra Bruxelles e Londra sul protocollo relativo ai confini tra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord”.

Confagricoltura ricorda che l’Irlanda del Nord continua ad applicare le regole della UE e il governo di Londra si è impegnato ad effettuare i controlli di conformità sulle merci in transito dalla Gran Bretagna. L’avvio dei controlli è stato rinviato e il Regno Unito ha chiesto di rivedere l’intesa perché ritenuta insostenibile a lungo termine, in primo luogo per il settore agroalimentare.

“Senza i controlli concordati rischiano di arrivare sul mercato unico, provenienti dall’Irlanda del Nord, prodotti non conformi alle norme europee in materia di standard produttivi e sicurezza alimentare. E’ un rischio che non possiamo correre” – aggiunge il presidente di Confagricoltura.

“L’intesa sul recesso del Regno Unito, approvata anche a livello parlamentare, non può essere riaperta. Per risolvere il problema basterebbe l’allineamento da parte britannica alle regole della UE, che sono tra le migliori e più sicure su scala mondiale. E’ una soluzione che avrebbe anche il sostegno degli agricoltori del Regno Unito” – conclude Giansanti.

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I primati dell’ortofrutta italiana: pubblicato il report statistico di Fondazione Edison e Confagricoltura

La pubblicazione del rapporto statistico in lingua inglese “I punti di forza dell’agricoltura italiana (produttore leader in Europa e nel Mondo)”, nasce dalla collaborazione avviata tra Confagricoltura e Fondazione Edison. Confagricoltura considera l’analisi e gli studi della Fondazione un supporto prezioso per le iniziative dell’Organizzazione in un periodo molto complesso, ma allo stesso tempo ricco di opportunità da cogliere.

Il rapporto statistico illustra i primati dell’Italia in prodotti vegetali quali ortaggi, frutta e cereali.

Dall’analisi realizzata da Fondazione Edison e Confagricoltura emerge che l’Italia è al primo posto per valore aggiunto tra i principali paesi produttori di frutta e verdura, ma anche nel settore del vino, del riso e del grano duro. Inoltre, la qualità dei nostri prodotti è considerata eccezionale a livello globale. La filiera agroalimentare, dall’azienda agricola al consumatore finale, è la più grande filiera in Italia, con un fatturato annuo di circa 540 miliardi di euro, ovvero circa il 25% del prodotto interno lordo.

Fondazione Edison - Confagricoltura

“Siamo orgogliosi di questi risultati, ma – annota il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti nell’introduzione del report – siamo anche convinti di avere ancora un enorme potenziale da sfruttare. Il tasso di autosufficienza interna è stimato intorno al 75% e, in termini di valore, le nostre esportazioni, circa 45 miliardi di euro all’anno, sono inferiori a quelle di Francia, Germania e Spagna”.

“L’emergenza sanitaria ha dimostrato che l’Italia può contare su un solido sistema agroalimentare – ha proseguito il presidente di Confagricoltura -. Le forniture sono sempre state garantite. Ma dobbiamo andare avanti. Una volta che la pandemia sarà finita, non potremo certo tornare al punto di partenza. Esiste un potenziale di crescita, innovazione e creazione di posti di lavoro qualificati. Una maggiore consapevolezza dei nostri punti di forza, unita ad azioni che valorizzino le nostre tante eccellenze, la maggior parte delle quali ancora sconosciute, potrebbero rappresentare l’elemento essenziale che manca alla nostra politica agroalimentare”.

C’è ancora molto lavoro da fare, anche in termini di analisi e progetti. In questa prospettiva, la collaborazione di Confagricoltura con Fondazione Edison fornisce un supporto importante di conoscenza e valorizzazione, anche a livello europeo.

*Clicca qui per scaricare il Report*

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Aumenta l’export agroalimentare Ue, Confagricoltura: “Settore da valorizzare con importanti obiettivi di crescita”

Nell’anno della pandemia, il settore agroalimentare ha garantito i rifornimenti nel mercato unico europeo. Non solo, sono anche aumentate le esportazioni fuori dalla Ue, a fronte di una contrazione del commercio internazionale di oltre il 5% a livello mondiale.

Secondo i dati definitivi della Commissione europea, evidenzia Confagricoltura, l’export di settore si è attestato nel 2020 a 184 miliardi di euro, con un aumento dell’1,5% sull’anno precedente. Il saldo dell’interscambio commerciale con i Paesi terzi si è chiuso in attivo per 62 miliardi, tre punti percentuali in più rispetto al 2019.

“I dati dimostrano una volta di più la vitalità economica dell’agroalimentare europeo. E’ un asset strategico da salvaguardare e valorizzare” – dichiara il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti.

“Da sottolineare anche i risultati ottenuti dal Made in Italy: con circa 46 miliardi di euro, le esportazioni di settore sono arrivate a incidere per oltre il 10% sul totale delle vendite all’estero dell’Italia”.

L’export della Ue è stato trainato lo scorso anno dal forte aumento degli acquisti cinesi di carni suine (oltre 2 miliardi in più sul 2019) e grano (1,7 miliardi). Di converso, le limitazioni del canale HoReCa per l’emergenza sanitaria hanno frenato le esportazioni di vini sui mercati dei Paesi terzi (1,2 miliardi di euro in meno).

“Ora dobbiamo essere pronti a intercettare la ripresa economica, già in atto in Cina e nel continente asiatico” – rileva Giansanti.

“Il prodotto interno lordo farà segnare quest’anno negli Stati Uniti un rialzo di oltre il 6%, quasi il doppio rispetto alle stime riferite alla Ue. Le stime del WTO indicano una ripresa del commercio internazionale superiore all’8% sul 2020”.

“Ci sono tutte le condizioni per riprendere il percorso di crescita che ha visto le esportazioni agroalimentari italiane raddoppiare nell’arco di dieci anni” – aggiunge il presidente di Confagricoltura.

“L’export agroalimentare della Spagna ha sfiorato nel 2020 i 57 miliardi di euro. E’ un traguardo che possiamo raggiungere e migliorare, – conclude Giansanti – a vantaggio di tutte le componenti della filiera e dell’economia italiana. Dobbiamo porci obiettivi ambiziosi in termini di crescita”.

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European Agricultural Outlook Report 2020-30: meno superfici, ma più resa per i seminativi

E’ atteso un leggero calo della superficie agricola totale dell’Ue (dopo la Brexit,) nei prossimi dieci anni.  Secondo le stime dell’European Agricultural Outlook Report 2020-30, presentate on line il 16 e 17 dicembre scorso, la superficie coltivata diminuirà di mezzo milione di ettari, scendendo a 161,2 milioni di ettari. Parallelamente, si prevede che l’area occupata dalle foreste continui ad espandersi, raggiungendo i 161 milioni di ettari. Nel 2030 la superficie forestale dell’Ue dovrebbe essere pari a quella agricola.

Entrando nel dettaglio dei seminativi gli investimenti a cereali e semi oleosi dovrebbero contrarsi, rispettivamente, a 51 milioni di ettari e 10,7 milioni di ettari. E’ prevista infatti una flessione della superficie coltivata a orzo e grano, compensata dalla crescita di quella a mais per soddisfare la richiesta di cereali da foraggio. Per quanto riguarda i semi oleosi dovrebbe fermarsi la riduzione della superficie investita a colza, mentre continueranno ad espandersi le aree coltivate a girasole e soia entro il 2030.

Complessivamente, tuttavia, la produzione totale di cereali dell’UE dovrebbe mantenersi stabile a 278,1 milioni di tonnellate, grazie al progresso delle rese (migliori sistemi di rotazione delle colture), a una migliore gestione del suolo e un maggiore utilizzo degli strumenti dell’agricoltura di precisione. Il consumo di cereali, rafforzato da un maggiore utilizzo alimentare, si stabilizzerà a 260 milioni di tonnellate, mentre il consumo totale nei mangimi potrebbe diminuire di 0,8 milioni di tonnellate. Le esportazioni di cereali dall’Ue aumenteranno grazie alla vicinanza ai mercati di importazione, principalmente nell’Africa mediterranea e subsahariana.

Tra dieci anni la produzione totale di oleaginose nell’Ue  dovrebbe avanzare leggermente fino ai 30,2 milioni di tonnellate. Un progresso legato a una maggiore resa,  in particolare della soia, che dovrebbe salire a 3,5 milioni di tonnellate guadagnando il 26,9% entro il 2030. La produzione di colza dovrebbe invece  scendere a 16 milioni di tonnellate (-2,2% rispetto al 2020), mentre quella di girasole è attesa in crescita a quota 10,6 milioni di tonnellate (+ 6,6%). Il commercio di semi oleosi dovrebbe rallentare a medio termine nell’Ue e le importazioni di soia restare stabili per soddisfare la domanda di mangimi.

Un exploit è previsto per le colture proteiche della UE, che dovrebbero aumentare in superficie e rese. La forte domanda di prodotti proteici vegetali innovativi  dovrebbe comportare un aumento del consumo del 30%. Inoltre, l’area dello zucchero dell’Ue dovrebbe stabilizzarsi nel prossimo decennio con una in crescita fino ai 16,2 milioni di tonnellate entro il 2030. L’aumento delle esportazioni di zucchero nei prodotti trasformati dovrebbe limitare il calo dei consumi, mentre i prezzi competitivi dovrebbero consentire all’Ue di diventare autosufficiente e potenzialmente esportatrice netta di zucchero.

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Parte il censimento agricolo di Istat: i CAA di Confagricoltura pronti ad assistere i produttori

È partito ieri il 7° Censimento generale dell’agricoltura dell’Istat, un appuntamento atteso per fornire la fotografia aggiornata e completa del settore agricolo. Lo slogan del Censimento è “Se ti facciamo domande è perché meriti risposte” – ricorda Confagricoltura -. La conoscenza puntuale della realtà agricola nazionale, regionale e locale è alla base di ogni azione per valorizzare e far crescere il nostro sistema agricolo e zootecnico.

La rilevazione riguarderà 1.700.000 aziende, con una diffusione capillare che coinvolgerà anche le realtà più piccole e quelle fuori mercato. Nell’occasione, uno specifico focus informativo valuterà pure l’impatto del Covid-19 sulle aziende del comparto.

La novità del nuovo Censimento – informa Confagricoltura – è data dal fatto che gli agricoltori potranno essere assistiti nella compilazione del questionario dai Centri di Assistenza Agricola (CAA) che operano sul territorio. Con questa edizione del Censimento, scompare il classico questionario cartaceo che diventa completamente digitalizzato. Oltre tutto, dal prossimo anno, quello del Censimento non sarà più un appuntamento decennale ma permanente.

I CAA di Confagricoltura saranno attivamente al fianco degli agricoltori per facilitarli in questa ulteriore ma importante incombenza, favorendo l’acquisizione e digitalizzazione dei dati aziendali. Per informazioni sul Censimento e sull’assistenza agli agricoltori ci si può rivolgere alle sedi territoriali di Confagricoltura.

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Consumi: in casa si cucina più pesce di allevamento, ma pesa lo stop ai ristoranti

Luci e ombre sulle vendite di pesce: questo è il quadro della situazione tracciata dall’Associazione italiana piscicoltori di Confagricoltura, avvalorata da uno studio commissionato a CREA-MC

Mentre le famiglie italiane consumano di più il prodotto d’acquacoltura, e non solo per le feste, la chiusura dei ristoranti ferma il mercato. I risultati della ricerca ai tempi della pandemia

Luci e ombre sulle vendite di pesce. Questo è il quadro della situazione tracciata dall’Associazione italiana piscicoltori di Confagricoltura, avvalorata da uno studio commissionato a CREA-MC. “Il settore – mette in evidenza Pier Antonio Salvador, presidente API – sta attraversando un ulteriore periodo di crisi a seguito delle nuove misure attivate per ridurre la diffusione del COVID. Il nuovo blocco dell’Ho.Re.Ca., delle pesche sportive e di buona parte delle esportazioni causa grossi problemi agli allevamenti, che guardavano con speranza al futuro”.

Per contro, il rimanere a casa ha avuto risvolti positivi sui consumi domestici di pesce, facendo registrare una crescita dell’11% dallo scorso marzo, ancor più significativa se viene raffrontata con altri alimenti: solo la pasta e la verdura presentano incrementi superiori.

Nel periodo di emergenza sanitaria, mette in evidenza la ricerca, si registra anche una maggior sensibilità sull’origine: le famiglie mostrano una spiccata preferenza per il pesce allevato in Italia, perché ritenuto di migliore qualità e più controllato, rispetto al prodotto di importazione.

“Questo che stiamo trascorrendo – rimarca il presidente dei piscicoltori – è un periodo estremamente difficile, che ha fatto riflettere e approfondire i temi dell’importanza di un’alimentazione equilibrata per la salute. Sempre più viene riconosciuto il valore dell’acquacoltura, che gioca un ruolo fondamentale nel comparto ittico italiano, europeo e globale, perché produce alimenti di qualità e genera occupazione”⁠.

Il 48% dei consumatori, si legge nello studio, continua a modificare le proprie abitudini alimentari in conseguenza della pandemia. E sono cambiate anche le modalità di preparazione del pesce: il 10% dei consumatori, grazie alla possibilità di avere più tempo per sperimentare, ha migliorato la capacità di provare nuove ricette, cucinando ottimi piatti anche a casa. Per quanto riguarda gli acquisti, invece, anche se non si osservano particolari criticità riguardo alla vendita di pesce fresco al supermercato, molti hanno cambiato luoghi e modalità, optando per la consegna direttamente dalle aziende di acquacoltura, o per l’ “home delivery”.

“E’ fondamentale – conclude Salvador, ribadendo la mission dell’API – fornire una giusta e puntuale informazione sul comparto, sull’importanza di una corretta etichettatura e tracciabilità, anche attraverso i canali social dell’associazione”. Particolarmente apprezzate, sul sito API – Associazione Piscicoltori Italiani – Acquacoltura Sostenibile le ricette realizzate anche in collaborazione con la food blogger Renata Briano, capaci di coniugare facilità della preparazione casalinga con proposte culinarie di qualità.

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